14/03/11


 

Nel vento caldo che spira apparentemente senza meta, c'è la polvere rossa del terreno arido e sterile che sembra estendersi fino alla fine del mondo .
Il monotono paesaggio del Corno d'Africa è un nudo e primitivo corpo adagiato fin sulla costa che si nasconde sotto un manto di vegetazione compatta solo quando incontra il mare o si accosta ai rari corsi d'acqua che gli scorrono addosso seguendo un percorso imprevedibile e tortuoso come la vita.
Qui, in un posto protetto dalla natura e nascosto all'occhio dei satelliti, esiste un luogo che pochi conoscono, dove gli uomini si rifugiano per rendere invisibili le proprie opere: che siano benigne o malvagie.

<   BARACK OBAMA E IL DOSSIER SODOMA

Romanzo
Washington D.C. - White House

1
Il Presidente, apparentemente calmo e compassato, lasciando scivolare dalle sue mani il dossier top secret ricevuto da una delle poche persone fidate che lo circondavano, decise di correre il rischio. Convinto che lui stesso e le altre persone coinvolte nei fatti riportati nelle pagine del rapporto, sarebbero state più al sicuro se durante la sua breve assenza, il documento non fosse rimasto incustodito alla Casa Bianca. La cartella di plastica verde, sparì nella valigetta già ingombra, infilata tra i documenti da presentare ai delegati del paese africano che Barack Obama doveva incontrare. _-Che diavolo sta facendo il Presidente?— Le telecamere a circuito chiuso dello studio ovale, attraverso un deviatore di frequenze installato con la complicità del servizio di sicurezza duplicarono la sua immagine inviandola ai numerosi monitor presenti in una stanza segreta dell'ala ovest completamente schermata dagli impulsi elettromagnetici e immersa nella penombra, dove solo i ronzii dei computer e degli aspiratori facevano compagnia ad un uomo di aspetto asiatico e dall' età indefinibile. Magrissimo e con gli occhi a mandorla consumati dalle ore passate davanti al video, l'agente muoveva a scatti la testa, e nel dondolarsi avanti e indietro come un piccione, cercava di mettere a fuoco il gesto poco chiaro di Obama, che non era passato inosservato.

L'agente Song, concentrato sull'immagine del Presidente esultò: – Così avevo visto giusto ! Figlio di puttana cosa mi nascondi?! E tu Larry, non volevi farti beccare consegnandogli la cartella. Ma io vi ho visto !— parlava rauco, a denti stretti, sputacchiando sullo schermo diciassette pollici a due palmi dal naso, come se l'uomo dai capelli rossi in compagnia del Presidente potesse sentirlo. -- Ma ti ricordo, che non è nelle tue mansioni consegnare documenti . Anzi, caro Larry, direi, che probabilmente tu ed il Signor Presidente state violando le regole--. Sibilò, girando le spalle al monitor che non aveva più niente da svelargli, mentre il suo minuto dito indice ingiallito dalla nicotina, senza indugiare componeva il numero di telefono del Senatore Rufferson.


 

Capitolo ….


Il cielo invernale stranamente sereno e l'aria frizzante di Washington, non influivano minimamente sull'umore cupo di Barack Obama, che appoggiò pesantemente i palmi sulla scrivania sporgendosi in avanti, come per raccogliere le forze necessarie ad affrontare la situazione nord-africana su cui rimuginava già all'alba: - -la tregua laggiù è più sottile di una lastra di ghiaccio,ma l'accordo per la bozza del trattato sembra tenere. Sempre che le parti non siano state di nuovo corrotte dagli emissari delle lobby petrolifere. -- -- Maledizione! Se così fosse potrebbero non firmare.-- L'ansia lo assalì immaginandosi il peggio. -- Si attaccheranno a qualche cavillo legale del testo e.. —Il Presidente che sapeva nascondere bene i suoi tormenti, impassibile, finì di riporre i documenti rimanendo in silenzio, in compagnia dell'uomo alto e robusto che gli stava di fronte,la cui presenza era ormai abituale, come la nuova e complicata vita alla Casa Bianca. Ma i cambiamenti , dal ruolo di Senatore a quello di Presidente, erano stati talmente tanti e sconvolgenti, che gli era stato impossibile arrivarvi completamente preparato e soffriva ancora di comprensibili momenti di difficoltà , dovuti anche alla paura di non poter far fronte alle esagerate aspettative concentrate sulla sua persona. Come ad un messia, gli si chiedeva di domare le forze sociali, le istituzioni,gli interessi. Il Presidente Obama pensava fosse un modo immaturo di personalizzare il potere e soprattutto che potesse diventare un'arma a doppio taglio, che dopo l'esaltazione se non porta a immediati e tangibili miglioramenti è destinata ad esaurirsi in breve tempo. In questi momenti di incertezza , gli tornava utile attingere all'autostima che sua madre era riuscita ad infondergli:
- Barry, non vergognarti mai di quello che sei-
ripeteva lei all'adolescente afro-americano Barack ,che si era scelto perfino un diminutivo nel tentativo di fare chiarezza sulla sua confusa identità .
Le sottili rughe sulla fronte scura pian piano si distesero: --Andrà tutto bene, ne sono sicuro. Abbiamo sostenuto un enorme sforzo per trovare un terreno comune d'intesa e chiudere con successo questo accordo, è troppo importante per la storia americana , soprattutto, è importante per la popolazione locale decimata e sfinita---
rifletteva vedendo davanti ai suoi occhi incupiti, scheletrici corpi coperti di polvere ai bordi delle strade. Come catapultato in quell'inferno, avvertì nelle narici del naso largo, il fetore dolciastro dei corpi di povere donne e bambini, che falciati da colpi di kalashnikov marcivano come immondizia. Dopo il Kenia, niente era più come prima. Cercò di riscuotersi ragionando razionalmente: - Uno ad uno affronteremo senza indugio altri pericolosi focolai di guerre nel sud del mondo, alimentati e pianificati per poter operare nell'estrazione di petrolio o di gas naturale in accordo con i regimi dittatoriali. – pensava Obama, mentre traendo un profondo respiro chiudeva la valigetta che avrebbe consegnato al suo segretario domandandosi -- Fino a quando avranno maggior potere coloro che perseguono l'odio invece della pace? Occorre porre fine a questo circolo vizioso di discordia. Parte della credibilità dipende dal successo di questo trattato di pace, ma non sono in molti ad esserne a conoscenza, almeno per il momento. -- un accenno di sorriso apparve sulle sue labbra piene, ed un senso di lieve euforia lo invase : --se tutto andrà bene, sarà un inequivocabile segnale di cambiamento per le lobby e i falchi che l'ex amministrazione Bush ha lasciato di guardia a Washington, pronti a ricordarmi di quanto poco potere reale possa veramente disporre-- pensò, guardando con rispetto il simbolo presidenziale intessuto nel tappeto sotto i suoi piedi.

-Andiamo Larry, sono pronto.- disse con decisione il Presidente.

DUE

Il senatore

Lionel Rufferson,Senatore dell'Indiana, premeva il telefono sull'unico orecchio buono, mentre sedeva compostamente su una poltroncina in uno dei corridoi arredato in stile barocco talmente ampio da sembrare una sala. A distanza di sicurezza dalla confusione che accompagnava ogni uscita del Presidente dalla Casa Bianca, ascoltava il gracchiare dell'agente di origine cinese ,che in un cartone animato avrebbe potuto dare la voce ad un posacenere pieno di cicche, mentre eccitatissimo gli stava riferendo quanto aveva visto sul monitor. A Smokie non sfugge niente,-- il cerchio si sta per stringere intorno ai bastardi-- pensò soddisfatto il senatore, e riponendo il telefono in tasca, quasi si dimenticò del perché fosse lì. Adesso era prioritario riportare l'interessante notizia al loro infiltrato nello staff di Barack Obama. Decise quindi di aspettare che il Presidente e i suoi collaboratori, tra i quali Nichols, fossero passati proprio davanti a lui per dirigersi al prato sud dove stava per atterrare l'elicottero Marine One . –Che bei tempi quelli della Presidenza di Bush "padre"! pensava il senatore sospirando di nostalgia, mentre si accomodava la calottina di capelli impomatati come un mafioso d'altri tempi e lisciandosi i baffetti con cui cercava di nascondere i denti troppo lunghi da topo.-- Il nemico di allora non aveva le tue stesse chiavi di casa,ma faceva parte come altri pezzi grossi, della stessa catena che legava la politica mondiale al volere economico. Quando il Presidente non era uno sporco negro socialista, pensava con orrore Rufferson,
--- non c'era bisogno di serrare le fila repubblicane, o ricattare i Senatori per non far passare leggi contro le multinazionali o il mio amico Lee Raymond, capo esecutivo della Esso-- il quale, serafico un giorno gli aveva consigliato—<non metterti troppo in mostra Lionel, e potrai tenere le mani in pasta un po' ovunque> - -che Dio ti benedica, Lee-- , pensò riconoscente ma infuriato al ricordo del primo di una lunga serie di articoli che il Washington post aveva pubblicato e che riaffiorò nella sua mente come se lo avesse stampato davanti agli occhi.

< La corporatocrazia non è una società segreta, i suoi membri non si riuniscono per complottare, sono individui senza scrupoli che dirigono le multinazionali e si comportano come imperatori. Controllano i media , direttamente, o indirettamente con le pubblicità, controllando anche la maggior parte dei politici, perché finanziano le loro campagne elettorali. Non sono eletti e la loro carica non ha termine, quindi non devono dare conto a nessuno del loro operato ma quando uno di loro è anche Vice- Presidente degli stati uniti tanto meglio. Il sistema è semplice ed economico: La banca mondiale fornisce i soldi ai paesi poveri, li fa indebitare in modo che non possano ripagare il debito, tipico modo di agire anche del fondo monetario internazionale,ma il denaro in verità non arriva mai a quel paese, va a invece a società per la costruzione di impianti energetici, industriali, porti. A beneficiarne solo una ristretta cerchia di persone ricche di quel paese, oltre alle nostre multinazionali. Se qualche capo di stato è recalcitrante,si accusa di terrorismo. Pronunciata questa parola magica,nel loro paese si mandano aerei, soldati ,infiltrati e infine i Killer economici. Alcuni Capi di stato cedono, quelli che non vogliono sentire vengono assassinati. Chi sono i responsabili? Le cose sono così confuse che non puoi dire se le persone stanno agendo per una società privata o per il governo. Questa è la corporatocrazia, il nuovo flagello.

La nostra unica speranza? Barack Obama > Corporatocrazia!che cazzo di parola da bolscevichi è questa?- disse, quando leggendola per la prima volta strappò in mille pezzi il giornale -- non capiscono che in gioco ci sono i veri valori e lo stile di vita americano,ipocriti di merda. Siamo stati ingannati, c'è un complotto sotto queste elezioni, una truffa! Mi rifiuto di credere che i miei concittadini abbiano votato un ex militante di sinistra, uno che ha frequentato una scuola mussulmana, e che ci porterà al disastro! — avrebbe voluto gridare –Chi cazzo terrà a bada tutti i musi neri che vorrebbero impadronirsi della nostra nazione?—
con uno sforzo enorme cercò di ricomporsi, almeno esteriormente, poiché un paio di giovani dello staff presidenziale lo stavano guardando domandandosi se fosse in preda ad un malore improvviso.


Capitolo tre

base aerea di Edwards


 

L'aereo, enorme e scintillante appollaiato sulla pista bagnata risplendeva sotto il sole invernale. A prima vista poteva sembrare un normale velivolo di linea; ma non lo era.

Il Boeing 747 altamente personalizzato nei suoi quattromila metri quadrati di superficie disposti su tre livelli, era appena uscito dall'hangar che si stagliava dietro la sua coda. Le porte del capannone non si erano ancora richiuse, mostrando soltanto a chi era autorizzato, i segreti e l'esagerata ampiezza dei suoi interni avvolti da un'atmosfera di sacralità che incuteva ai visitatori timore e rispetto , come se un odore di mistico, o una presenza trascendente aleggiasse nell'aria che vi si respirava. Complice forse la luce, che entrando dai larghi finestroni posti in alto, faceva sentire piccoli gli uomini che istintivamente parlavano sottovoce come peccatori all'interno di una cattedrale gotica.

Il sottufficiale Rick McPray,capelli corti e mascella squadrata, era uno delle migliaia di militari assegnati alla base. Da pochi giorni era entrato a far parte dell'ottantanovesimo squadrone e prima di entrare in servizio quella mattina,aveva lasciato come al solito, la sacca con un cambio di abiti,le chiavi dell'auto, ed altre indispensabili cianfrusaglie nel suo armadietto personale della base. Al consueto controllo cui dovevano sottoporsi tutti i militari che si accingevano ad entrare, il detonatore in fondo alla sua sacca non era apparso diverso dall'innocuo Ipod che il ragazzo sorridente aveva sempre con se, ed in effetti ne aveva tutto l'aspetto. Rick, sospirando di sollievo, l'aveva posato con cautela sul ripiano di metallo dell'armadietto in attesa delle nuove istruzioni.

Rick era ancora incredulo di essere lì , in alto, sull' impalcatura mobile che circondava l'aereo con l' aria estasiata dipinta sulla faccia e il petto orgogliosamente gonfio a pensare al segreto che custodiva. Si sentiva migliore lassù, superiore , rispetto ai suoi colleghi, che presto avrebbero avuto indietro la loro dignità di militari -- grazie a me-- vaneggiava – ora che il detonatore è all'interno della base devono farmi sapere la data del "gran giorno"-- Questo pensava, mentre il sorriso stampato sulle sue labbra innocenti da eterno adolescente, faceva da cornice ad una cantilena - ci sono riuscito, ci sono riuscito…-, canticchiava, seguendo il ritmo della sua mano giovane e forte, che impugnando un panno felpato lucidava a specchio, in sincrono con altre decine di militari,le morbide curve della preziosa fusoliera di cui non scorgeva la fine. Il livello di adrenalina che circolava nelle sue vene era tale, che un lieve tremore percorreva il suo corpo toccando lo stemma che gli incombeva sopra la testa. Adesso il suo compito sembrava di poco conto, ma Rick aspirava a ben altri incarichi,- hai l'aria del capo, abbiamo bisogno di uomini come te in Marina- gli aveva detto il suo amico d'infanzia, quell'odioso di John Dish, anche lui della Florida e da un anno in forza nella Marine Elicopters Squadron come capo del cerimoniale del Marine One.

Rick Invidiava la professionalità e la sicurezza che i tecnici militari mostravano muovendosi intorno ai banchi da lavoro sotto di lui, simili a chirurghi al tavolo di una asettica sala operatoria. Anche lui si riteneva un militare, fin dentro le ossa, ed era talmente ossessionato e divorato dalla paura che la sua domanda all'ottantanovesimo non venisse accettata, che si era rivolto al capo del movimento razzista "Potere Bianco" e se non fosse bastato, sarebbe sceso a compromessi anche con il diavolo, pur di ottenere l'ammissione al corpo militare che gestiva la squadra aerea di cui facevano parte anche i due boeing perfettamente uguali che stava guardando in quel momento.


 



quattro

Le più grandi corporazioni mondiali e l'ottava economia del pianeta tenevano sotto stretto controllo colui che era universalmente ritenuto l'uomo più potente del mondo. I veri detentori del potere, gli avevano già lanciato un primo avvertimento, allarmati di avere ora alla guida del paese, un intellettuale cosmopolita dichiaratamente estraneo alla cultura individualista degli Stati Uniti e trovavano nel suo passato e in ciò che era accaduto in Kenia ed in Somalia la dimostrazione che era un uomo pericoloso.

Barack avrebbe dovuto tenerne conto .

Aggiustandosi inutilmente l'impeccabile giacca blu e sfoderando per il pubblico il suo miglior sorriso, rivolse lo sguardo verso l'uomo con i corti capelli rossi e dai lineamenti delicati, nonostante la faccia fosse butterata come la superficie di mercurio; terribile eredità dell'acne maligna – Prego Signore— disse precedendo e accompagnando il Presidente verso la folla di giornalisti e collaboratori che lo attendevano in corridoio .

–Buongiorno Signor Presidente, -- l'insieme di voci aveva un tono quasi militaresco. -- Buongiorno Timoty , ciao Lawrence, - rispose Obama mentre continuando a camminare stringeva la mano al segretario del Tesoro, ed al capo delle strategie economiche. Le due nomine, ritenute troppo affini al mondo della finanza , erano state duramente criticate dal pubblico, Le candidature alla fine di un estenuante braccio di ferro tenutosi con alcuni " grossi calibri", che avevano finanziato l'ascesa del Presidente alla Casa Bianca, gli erano state imposte. Il gruppetto di uomini che lo seguiva, faticava a tenere il suo passo da ex-atleta lungo i corridoi affollati.

-Signore ,credo che non avremo scelta per quanto riguarda le banche. Non so quanto dei circa 750 miliardi di dollari, potrà essere utilizzata dai proprietari di immobili che devono evitare il pignoramento, Lawrence ed io stiamo mettendo a punto un programma più dettagliato che discuteremo quanto prima

-- Dobbiamo farlo! Sapete quanto la situazione sia seria- disse Obama fermandosi e guardandoli dritti in faccia— considerate che l'economia si sta deteriorando a vista d'occhio per non parlare della fiducia nel sistema finanziario — i due annuirono senza interrompere sapendo del fosco quadro economico
--Io non faccio che parlarne alla gente, spiegare, convincere, e alla fine, credo che saremo costretti a parare il culo un po' a tutti,compresi i responsabili di questo casino--.
Il Presidente si sforzò di mantenere la calma.
-- Forse la maniera migliore per affrontare il problema degli assets nocivi, perché non crolli il sistema, sarà di immettere maggior denaro nelle banche. – Lawrence Summers, si sentì pervadere dall'angoscia – e che Dio ci aiuti se non lo facciamo. -- Si Signore, credo che non avremo altra scelta. Dai primi conteggi risulta che non ci basterà l'emissione di 100 miliardi di dollari in nuovi titoli del Tesoro!- Disse il segretario --Una parte di quella montagna di dollari deve assolutamente andare a sostegno ai cittadini o l'opinione pubblica non capirà che diavolo stiamo facendo- .Guardò l'orologio, la faccenda era troppo complessa, e quello non era, ne il luogo, ne il momento giusto per mettersi a mercanteggiare-- Ma ora devo andare, ci vedremo come da programma - tagliò corto il Presidente ribollendo di rabbia al pensiero del sistema bancario, che non era sicuro di poter riformare come avrebbe voluto.
In ritardo sulla tabella di marcia della giornata, e amareggiato per il poco spazio di manovra con cui doveva fare i conti, pensava a quanto fossero vere le parole di John Adams pronunciate nel lontano diciottesimo secolo, ma ancora così attuali:" ci sono due modi per conquistare e schiavizzare una nazione. Uno è con le spade, l'altro è con il debito.

-- Il mondo è solo un impero globale, la democrazia non esiste poveri idioti. Lo dimostreremo!-- pensava il senatore Rufferson mentre si avvicinava al folto gruppo composto di soli uomini , in mezzo ai quali spiccava Obama
- Signor Presidente, auguri per il buon esito del trattato- disse con gelida cortesia il senatore che avrebbe tanto voluto far ingoiare a Obama quel sorriso da simpatico furbetto , che rispose soltanto con un cenno del capo. Lionel Rufferson, pieno di collera, lanciò un' occhiata al Segretario Nichols , rimasto un po' indietro rispetto agli altri, preoccupato e innervosito dalla presenza del senatore repubblicano si guardava intorno . La voce era poco più di un sussurro - Che cosa vuole?-

Il senatore trattenendolo per un braccio lo guardò dritto in faccia mentre gli ordinava in tono gelido

Capitolo sei

Rick aveva incontrato Derek Drew,alcuni mesi prima in un bar di West Palm Beach. Il posto era tristemente mascherato da saloon, notò Rick mentre si sedeva di fronte a quello che somigliava ad un mandriano di un film western.

--so che sei dei " nostri", che hai prestato servizio in Iraq e vorresti entrare nell'Airlift Presidenziale. Conosco bene tuo zio Don, è lui che mi ha parlato di te e dei tuoi progetti per il futuro. - disse velocemente l'uomo con il cappello da cowboy – credo di poterti aiutare. Perchè sai, abbiamo simpatizzanti del movimento anche tra le alte sfere, ma devo essere chiaro: non faccio mai niente per niente. Ed è probabile che in seguito ti venga chiesto qualcosa in cambio-.

- Rick , in preda all'euforia giocherellava con la saliera, mentre con i pensieri già altrove annuiva con aria convinta.

- Io sono nato per questo compito Signore- e come sotto ipnosi, si lanciò a descrivere il suo senso di appartenenza alla più grande e complessa squadriglia del corpo dei Marine di cui sapeva tutto. Ma l'uomo che lo stava ascoltando se ne fregava della sua passione, per lui Rick era solo una pedina, e spazientito guardò con insistenza l'orologio accigliandosi. Rick cercò la lunghezza d'onda giusta di Dereck e rabbuiandosi in volto come se una nuvola nera fosse passata sulla sua testa, confidò il suo odio, che si unì al sale caduto sul tavolo.

-Per questo Signore, no n sopporto di avere un nero come Presidente. La nazione più potente del mondo, non può avere un afroamericano come Comandante in capo. Io credo nelle tradizioni e nei veri valori dei bianchi,nell'interesse degli Stati Uniti d'America.- I suoi occhietti celesti erano come sempre fissi e inespressivi, simili a quelli di uno squalo. Cercava in tutti i modi di compiacere Derek, e intuendo che il colloquio fosse una specie di esame, parlando si poggiò una mano sul cuore come il giorno del giuramento.

-E' una cosa oltraggiosa,e sono contento che anche tu la pensi così. Vedi,--

—disse il texano lisciando distrattamente le falde del cappello Stetson da cui non si separava mai

—Il movimento sta facendo grandi progressi, abbiamo più di duecentomila iscritti e simpatizzanti un po' ovunque nel paese, e chi ci snobbava ora dovrà starci a sentire perchè la nostra mobilitazione sta crescendo a vista d'occhio.

-E per far conoscere il vostro movimento che mezzi usate? Chiese Rick che non aveva mai visto la sua faccia in tv.

--Figliolo, sono loro i "bianchi" a cercarci, ormai la gente è pronta a combattere per i propri interessi. C'è una tale rabbia in giro! Non ne senti parlare sui treni?, nei bar?, nei negozi?. Dobbiamo tornare alle origini,e spedire indietro tutti gli immigrati che stanno destabilizzando la nostra nazione! Noi non rilasciamo interviste o dichiarazioni che possono essere manipolate da giornalisti o editori di merda, nooo ! disse scuotendo la testa,mentre sorridendo salutava con la mano tutti quelli che entravano nel locale. -Ci serviamo di internet. La rete ci permette di arrivare la nostra parola ovunque. Pensa che sul nostro sito abbiamo più di 50mila fedeli che ci contattano ogni giorno, pronti a muovere in nome del potere bianco -- Rick ascoltava affascinato. L'uomo nascosto sotto il cappello declamava slogan da predicatore più che da leader.-- Se non ci organizziamo per tempo, noi legittimi proprietari di queste terre, finiremo per essere una minoranza in casa nostra! E'd è la presenza di Obama più di ogni altra a motivarci!—Rick, si guardò intorno. Quell'uomo non scherzava, i clienti del saloon erano tutti bianchi, e sulla parete dietro il bancone c'era affissa una nuova dichiarazione d'indipendenza stampata su una bandiera sudista. - Ci servirà anche il tuo contributo figliolo. Ho dimenticato il tuo nome, come ti chiami?

- Rick Signore. mi chiamo Carl Richard McPray. Disse fiducioso il ragazzo biondo e lentigginoso

-- sistemeremo anche te al posto giusto Rick, e solo allora ti diremo quando e come dovrai intervenire. E' tempo di agire e il partito repubblicano non ci rappresenta più, per questo ci corteggia come una puttana!— Derek rise della propria battuta fino alle lacrime.

- Io sono un vero cittadino americano, se riuscirete a farmi entrare nell'ottantanovesimo, potrete contare su di me. Per sempre!- Voleva a tutti i costi far parte del prestigioso corpo composto da mille uomini e donne, le cui mentalità addestrate per essere pronte a tutto trasformavano ogni decollo in una missione top secret. Questo era il suo sogno.

Ora, accantonati per il momento tutti i pensieri, Rick guardava controluce il risultato del suo energico lavoro pensando:

-- la fusoliera celeste del boeing è uno splendore.--


 

sette

I tecnici intorno al gigante sulla pista, come da routine erano strettamente sorvegliati dagli agenti della sicurezza, che intorpiditi dal freddo cercavano di scaldarsi battendo i piedi sull'asfalto bagnato, mentre parlando si lanciavano l'un l'altro dense nuvolette di vapore. Ogni tanto alzavano lo sguardo sugli edifici circostanti dove erano appostati gli uomini delle squadre di contr'assalto, che imbracciando M107 semi- automatici tenevano sotto tiro tutta l'area mentre veniva completato il rifornimento di carburante, arrivato sotto scorta in un'autocisterna chiusa da un enorme sigillo.

Il pilota , di nuova nomina ad ogni cambio di amministrazione e per motivi di sicurezza nazionale tenuto all'oscuro fino a poco prima riguardo al luogo di destinazione, era seduto nella cabina di pilotaggio del boeing modello VC – 25 jet, versione militare del 747 – 200, si dirigeva verso la sezione della pista riservata ad accogliere il suo passeggero più importante. Il colonnello Kreig , veterano e decorato pilota, designato dopo una serie infinita di test, pratici e teorici manovrando con sicurezza parlava del nuovo incarico con il "secondo" al suo fianco.--- Sai David, ho trovato un motto per spiegare in cosa consiste la nostra professione, d'ora in avanti dirò: non siamo militari speciali che si occupano di una missione normale, ma siamo militari normali che si occupano di una missione speciale, non trovi?---

Quando Barack Hussein Obama II quarantaquattresimo Presidente degli Stati Uniti fosse salito a bordo,il boeing anonimo sarebbe diventato l'Air Force One,ovvero l'aereo il più conosciuto e protetto del mondo.


 

Capitolo…

Casa del Senatore Lionel Rufferson


 

L'elegante cancellata di ferro battuto era stata fasciata in tutto il suo perimetro da una fitta rete a piccole maglie alta un metro. Lionel Rufferson aveva controllato personalmente che fosse in grado di proteggere la sua amata e curiosa barboncina color champagne prima di lasciarla libera nell'immenso giardino, dove Rebecca poteva correva fino alla recinzione, sempre in cerca di qualche essere umano a cui scodinzolare contenta come un cucciolo nonostante l'età avanzata. Da qualche giorno più che mai si dirigeva con le orecchie al vento, verso l'angolo del giardino più lontano dalla casa, dove un amico sorridente armato di macchina fotografica, l'aspettava con dei bocconcini squisiti. –vieni qui Rebecca— le disse porgendole il biscotto che teneva alto sopra il livello della rete . Il barbone gigante, ubbidiente, si poggiò alla rete con le zampe anteriori e per l'uomo fu facile sostituire il collare con l'altro che aveva con se, identico nell'aspetto.

--Solo un altro bella – disse sottovoce l'uomo accucciandosi – Ora vai, vai Rebecca e mostraci i segreti del tuo padrone.


 


 

otto


 

La caratteristica di Barack Obama era il sorriso gioviale e si intravvedeva appena dietro al vetro blindato dell'auto che filava via. Sempre più spesso, il peso di tutte le responsabilità del ruolo di Presidente gli impedivano di mostrarsi sereno e stare chiuso in un blocco di acciaio con le ruote, che doveva proteggerlo all'occorrenza nelle più svariate situazioni, lo faceva sentire più prigioniero che protetto. Forse non era passato abbastanza tempo dal giorno dell'insediamento e per una persona come lui che amava il contatto con la gente, l'isolamento risultava fastidioso. Il suo viso si rabbuiò seguendo il corso dei pensieri che si accavallavano uno sull'altro, e un' infinità di problemi da risolvere fu ciò che vide davanti a se. Pensava continuamente al gran numero di persone che credendo in lui l'avevano eletto Presidente, rendendolo onorato ma allo stesso tempo responsabile di ogni singolo cittadino, che in piena crisi economica richiedeva provvedimenti urgenti e spesso impossibili da attuare. E neanche sostenere l'economia del paese bastava all'americano comune, che sul lastrico,senza lavoro e molto spesso senza casa gli chiedeva: --e per me, cosa fai?—

La domanda, come fosse un'eco, gli risuonava nella testa giorno e notte. Anche ora, guardando il suo segretario seduto sul sedile di fronte, era concentrato nel formularsi mentalmente domande: --- Come posso risolvere la crisi economica quando causa ed effetto sono i personaggi della finanza, e di multinazionali potenti tanto quanto il Presidente stesso?-- I fiumi di promesse, di cambiamento, in cui si erano tuffate le folle di cittadini festanti durante i suoi comizi elettorali, si scontravano con la difficile realtà dei fatti; l'America non apparteneva più agli Americani. Il debito pubblico era stato comprato da nazioni in forte crescita come la Cina, che ora tenevano gli Stati Uniti, ed il suo Presidente, letteralmente per le palle.

Signore, - stava dicendo il segretario --- Siamo quasi arrivati -- Barack non aveva voglia di chiacchierare, assorto nelle sue considerazioni alla voce di Jack faticava a riscuotersi –Opporsi e ostacolare le lobby petrolifere comporta lo stesso rischio corso da altri Presidenti disobbedienti ed anch'io potrei rimanere vittima di un attentato o beccarmi una pallottola in testa— il pensiero lo travolse come un treno in corsa, mentre un brivido gelido gli percorreva la schiena sotto la camicia bianca.

- Ecco una brava giornalista - disse Jack commentando ad alta voce la parte finale di un articolo che stava leggendo sul quotidiano - Ma il nuovo Presidente metterà fine alla corruzione e ai clientelismi. Barack Obama, oltre a dissociarsi completamente dai suoi predecessori ,con la promessa di una politica innovativa, si distingue per il carisma e la fiducia che sprigiona, facendo di lui un faro, a cui tutto il mondo, come un naufrago in un mare tempestoso, guarda con grande speranza.—

Che ne pensa signore? -- concluse jack.

"che devo stare molto attento" pensò il Presidente.

La macchina si fermò davanti alla scaletta dell'aereo , e il quarantaquattresimo Presidente degli Stati Uniti scese ringraziando e salutando chi gli aveva aperto lo sportello . Salì i gradini insieme al suo segretario particolare Jack Milton che con il suo solito scatto della testa cercava di tenere a posto la ciocca di capelli biondo cenere che inevitabilmente ricadeva sugli occhi

—Jack, hai controllato che ci siano tutti i documenti necessari vero?—il suo sguardo carico di apprensione era rivolto alle due valigette che jack teneva per i manici---certo Signore--- rispose lui—abbiamo controllato stamattina più volte, è tutto in ordine.

—bene-- rispose il Presidente entrando nella carlinga scintillante e stringendo la mano al Comandate Colonnello Lionel kreig .

L'aereo era in volo. Il suo ronzio regolare e i volti sorridenti del personale di bordo che gestivano quella fortezza volante come un Grand Hotel, testimoniavano che tutto andava per il meglio. Barack si concesse un attimo di relax, e sprofondato nella comoda la poltrona scelta dal suo predecessore George Bush ripensò sorridendo a ciò che sua moglie poco prima gli aveva detto salutandolo:

– ecco qua caro,il tuo corteo è pronto!

-- si lo vedo—aveva risposto lui guardandosi intorno --è meglio che vada,non vorrei si creassero ingorghi per colpa mia---disse stando al gioco

oh succederà di certo! -- disse Michelle sorridente incrociando le braccia nude che spuntavano prepotenti dal vestito color verde mela , -- hai al tuo seguito decine di auto con personale della sicurezza, medici , ambulanze, carri armati, slitte trainate da cani ---e alzandosi sulla punta dei piedi finse di guardare lontano dicendo:

– e là in fondo mi pare di scorgere anche un sommergibile!- ma non riuscì trattenere una risata - Come puoi pensare che vada tutto liscio?—

--perche sono fortunato, e tu ne sei la prova--- rispose lui salutandola con un bacio.

Il Presidente si accomodò dietro la scrivania gettando uno sguardo al bianco candore delle nuvole fuori dall'oblò, mentre l' impeccabile e deliziosa hostess gli porgeva un vassoio con un hamburger, succo di frutta e caffè, preparati nella cucina di bordo che poteva sfornare un pranzo completo per oltre cento persone,tenendo conto dei gusti e delle preferenze di ogni ospite, Presidente in testa, naturalmente.

Barack Obama estrasse da una delle due valigette un paio di cartelle di documenti che voleva controllare, ed anche il rapporto che gli avevano appena consegnato. Le conseguenze di quanto era successo, si facevano sempre più pericolose e vicine, lo sapeva, ma gli interessava conoscere anche il lato umano,la sofferenza, i perché, di coloro che si erano trovati coinvolti in quel terribile gioco. Immerso fino al collo nei problemi della crisi economica, sentiva incombere ora una nuova terribile minaccia che si snodava tra le pagine del rapporto scritto.

Con gli occhi abbassati sulle carte, il Presidente non notò Il segretario Nichols che dal corridoio lo guardava aprire la cartella verde.


 


 


 


 


 

Somalia


 

IL DESTINO RENDE RIDICOLI I PROGETTI DEGLI UOMINI


 

La jeep sobbalzando sulla strada sterrata si avvicinava alla meta del viaggio. Il coperchio della cassa si mosse, e Gothii, guardandoci dentro con gli occhi ancora colmi di meraviglia disse all'uomo con il basco che stava guidando : --Capo, la donna si sta svegliando. -

Quando arrivarono alla base, l'ombra del tramonto chiudeva il pomeriggio dei primi di gennaio,insolitamente molto caldo per la stagione di JIAAL, ed il sole calava in fretta dietro la cupola di edera selvatica che si inerpicava sulla chioma delle acacie, rendendo appena visibile ad occhio nudo la baracca di lamiera verde, incastonata profondamente nel lato ovest del campo di addestramento. La precaria costruzione, era delle dimensioni di un container, ed ingoiò Liz, che come una macabra sposa ne varcò la soglia buia in braccio ad un uomo che non era il suo .

L'interno non era una camera nuziale, ma una prigione, ed al posto di un letto bianco e morbido, offriva un giaciglio di lana di capra, puzzolente e grigia, che spuntava dal sacco di juta per i cereali buttato sopra alla meglio, era stato tagliato e aperto e si poteva ancora leggere la scritta —Aiuti Umanitari ONU — Sul lato opposto, c'era una piccola finestra con i vetri rotti, dalla quale entravano i lunghi tentacoli verdi della macchia circostante che probabilmente intendeva riprendersi il suo spazio, ancorandosi disperatamente intorno ad alcune latte di ferro arrugginito mentre insetti di ogni foggia, ronzando senza posa, formavano disegni astratti in continuo movimento intorno agli escrementi e ad un vaso colmo d'acqua.

Liz, intorpidita e fredda come un cadavere, ancor prima di aprire gli occhi, aprì la bocca e vomitò. Il possente Stigo, che la teneva in braccio, la scaricò a terra in malo modo, mentre bestemmiando e sbraitando scuoteva la mano verso i compagni che ridacchiavano di lui. La bionda americana riprese conoscenza respirando affannosamente come dopo una lunga corsa, con enorme fatica aprì gli occhi guardandosi intorno senza muovere la testa, in preda a vertigini che le scatenavano una terribile nausea. Ciò che vide la terrorizzò e la stessa sensazione,l'ultima che ricordasse di aver provato a Mombasa , dove pensava di trovarsi ancora, la sommerse come una marea che monta all'improvviso trascinandola via con se.

Coloro che l'avevano portata lì e scaraventata sulla branda, erano solo figure scure, accucciate a guardarla stando inginocchiati a terra nella penombra della sera, mentre il pungente odore degli ormoni maschili che impregnava i loro corpi sporchi e polverosi, si univa al puzzo di capra che stagnava intorno . Era denso,compatto, e andava ingoiato come uno schifoso boccone che sapeva di morte , di cimitero e di fiori putridi, lasciati da troppo tempo a bagno nell'acqua marcia, dimenticati sulle tombe di persone poco amate . Bisbigliando parole incomprensibili, uno di loro le porse un barattolo di latta con dell'acqua, che lei, per togliere il sapore acido dalla gola, tracannò d'un fiato tenendo gli occhi azzurri fissi sui cinque uomini. Ora le erano talmente vicini che Liz ne distingueva i lineamenti. Quattro di loro avevano gli stessi tratti del viso forse di origine somala, forse BAYUNI, e la stessa aria di sorpresa, ma quando i suoi occhi incontrarono l'espressone dura e crudele del volto sotto il basco verde poggiato su una criniera di spessi capelli ricci, che ne tradivano l' origine BANTU, Liz capì che sarebbe morta, perché le intenzioni ostili e violente dell'uomo, gli gravavano come gonfie zavorre sugli occhi torbidi, acquattati sotto le aggrottate sopraciglia di un diavolo. Muoveva le labbra, ma Liz non ascoltava, sicura di avere già visto la mano con quattro dita che le stringeva il braccio. Era stordita e confusa, ma cercava di ricordare. Poi la voce aspra la raggiunse --- Mi senti?, mi senti signora?, come ti chiami .Il tuo nome? Dimmi la nazionalità — La figura scura, scuotendola pensava: - hai paura? Ne hai tutte le ragioni puttana ! --

Per rispettare il piano ideato pensò fosse meglio usare un tono gentile,anche se non aveva molto senso, perché la donna sarebbe morta, e non avrebbe avuto importanza chi avesse creduto fosse il suo assassino. Ma l'idea di interpretare un altro uomo lo divertiva. Senza rendersene conto Liz rispose come un automa – Mi chiamo Elizabeth Browning Donner .. e.. sono cittadina americana .


 


 


 


 

Capitolo sesto

Ora giaceva di nuovo incosciente, distesa per terra in mezzo ai suoi rapitori che alla luce di una lampada a gas, si godevano i lineamenti occidentali che prima di allora non avevano mai avuto occasione di osservare così da vicino. I somali, estasiati dalle calde sfumature di colore che la frangia di capelli biondi emanava come possedesse una luce propria, annusandola, frugavano con lo sguardo tra le ciocche alla ricerca della strana cute bianca, mentre leccando con la punta della lingua le goccioline di sudore che rendevano lucente la pelle del viso imbrattata dal trucco sfatto, assaporavano la donna bianca che sprigionava un odore differente dalle prostitute di Mogadiscio, che non condividevano con lei la fortuna della bellezza, ereditata da nordici antenati, ma la stessa condanna . Aribo ,chiamato "l'animale" dai suoi compagni, riuscì per un attimo a rendersi conto del contrasto delle ciocche di capelli lisce e setose che continuava a rigirarsi nelle mani puzzolenti e sulle unghie sporche .Anche Stigo intanto aveva allungato le mani sul corpo di liz. Il ragazzo di circa venticinque anni d'età come gli altri tre, aveva una piccola testa sproporzionata al corpo possente, che teneva sempre piegata da un lato . Sfiorava con timore gli zigomi e la bocca grande e sensuale della donna, ma l'eccitazione cresceva spingendo le sue mani sempre più in basso: prima palpando i seni che si alzavano e abbassavano ad ogni respiro, poi, attraversando velocemente la pianura del ventre, senza esitazione, le mani si infilarono nei pantaloncini della donna che in quel momento gli apparteneva. Una bella preda inerme , sotto le cui palpebre chiuse, si confondevano i brevi lampi di lucidità con le immagini nitidissime di cosa le era accaduto.

La droga che le avevano iniettato nel braccio, ora dolente e livido ancora non aveva finito il suo effetto e trascinandola in mondo impazzito le mostrava come su uno schermo spezzoni della sua vita . Solo l'angoscia che l'attanagliava corpo e mente era reale nel viaggio verso la dimensione sconosciuta.


 

Nel buio vuoto e nel silenzio assoluto, Il corpo di Liz galleggiava senza peso, la calma piatta che percepiva poteva essere l'eternità della morte pensò terrorizzata, ma non riusciva a ricordare neanche cosa fossero i pensieri mentre veniva risucchiata da violenti vuoti d'aria che le toglievano il fiato, precipitandola in un cunicolo senza fine, senza aria. Boccheggiante, con le mani si graffiava il collo gonfio di vene alla ricerca di un immaginario cappio che le impediva di respirare. Cosciente del presente, ma tuffata nel passato come un insetto caduto nella melassa, si dibatteva. E più si agitava, più scivolava sul fondo vischioso, dove il buio che la circondava sembrò trasformarsi in schiuma grigia che saliva dal basso e si gonfiava, diventando sempre più fitta e punteggiata di luci intermittenti e colorate, di sbuffi di vapore denso, simile a nuvole scure di un cielo temporalesco. Elizabeth guardava terrorizzata questo nuovo panorama che cambiava vorticosamente, senza riuscire a capire se fosse il tempo a viaggiare o lei stessa ad attraversare il tunnel del tempo e dello spazio, mentre i colori che le correvano incontro come pallottole prendevano le forme di corpi umani fatti di luce che esplodevano come fuochi d'artificio, e dalle cui ceneri nascevano immagini nitide in cui le sembrò di viverci dentro.


 

Capitolo…

Viaggio

Come fosse entrata in una foto sbiadita dal tempo, si ritrovò sulla banchina affollata di gente di un porto sconosciuto, pigiata tra persone che sul volto non avevano lineamenti. Nel silenzio, vide passargli accanto senza degnarla di uno sguardo, una giovane coppia infagottata in abiti pesanti.--Mamma, Papa!—chiamò lei, mentre i due si allontanavano tenendosi per mano, come se l'uno per l'altro fossero il prezioso e unico bagaglio su cui potevano contare nel viaggio senza ritorno dalla Germania al Brasile dove Liz sarebbe nata qualche anno dopo. Suo padre, teneva stretta al fianco una bambina sorridente, che doveva essere sua sorella maggiore Violetta.

- Sono venuti a salvarmi-- pensò e come se fossero poco distanti da lei provò a chiamarli, sforzandosi oltre ogni limite per far uscire dalla gola un grido di aiuto. Si sarebbe accontentata di un flebile filo di voce, ma non riusciva ad emettere alcun suono, niente. Si rese conto con sgomento che non serviva agitarsi o tentare di urlare come una pazza - sono paralizzata, senza corpo, un fantasma nel corridoio che collega luoghi e tempi diversi - pensava sentendosi stupidamente attratta dall'unica macchia di colore rimasta sullo sfondo nebbioso.

Fissava come ipnotizzata, i rossi stivaletti in gomma di Violetta, ricordando che li indossava spesso nelle foto che la ritraevano bambina, < erano i miei preferiti> le aveva detto sua sorella un pomeriggio di tanti anni prima .Liz li avrebbe visti solo dopo la morte della madre, quando imponendosi di affrontarne i vestiti che ormai come gusci vuoti pendevano dalle grucce allineate con precisione maniacale, li sorprese nel buio dell'armadio profumato di lavanda, nascosti in una scatola sul fondo, dove giacevano da anni, lucidi e ben puliti nel letargo senza fine del reliquiario fatto di preziosa seta bianca. Sgomenta, capì che la ferita per la partenza dall'Europa aveva continuato a sanguinare in silenzio nel cuore di sua madre per tutti quegli anni, ma lei non se ne era mai accorta. < che razza di figlia sono ? come ho fatto a non capire i suoi tormenti?> si domandò colma di una straziante angoscia. Ma ormai era troppo tardi.


 


 


 

Erano passati pochi minuti dall'arrivo al campo e l' ultima preghiera della giornata non poteva più aspettare. Il capo, dopo un' occhiata alla donna ancora incosciente uscendo dalla baracca si rivolse a cawi - tu resta qui davanti e tienila d'occhio –

-Si comandante--rispose cawi— che mimando il gesto delle abluzioni, si inginocchiò verso la mecca, illudendosi che quei pochi minuti di preghiera rivolti al suo Dio bastassero a farne un buon musulmano.


 


 


 


 


 

Buio…. Poi la luce, il sole.--Oh mio dio, dove sono?--- si chiese. Con una nausea terribile, liz guardò giù dall'altissima rupe su cui si trovava, ed una perversa attrazione per il vuoto sotto di lei, la spinse a sporgersi verso il burrone per scrutare il panorama sottostante, ma improvvisamente, un formicolio e un calore insopportabile gli si diffusero nelle gambe, che divennero talmente molli e brucianti da non sostenerla più, lasciandola cadere nel precipizio. Cadendo gridava, e per istinto allargò le braccia, che la sostennero come fossero ali fatte solo della carne di un enorme e orrendo uccello, la cui ombra copriva la città di Washington che si stendeva sotto di lei. La capitale era talmente piccola e lontana che le sembrò una miniatura. – Sono a casa, oh mio dio, sono tornata a casa!-- pensò sollevata Liz-- devo cercare mia madre. Forse la troverò nel parco vicino casa,-- Appena lo individuò, si gettò in picchiata verso la chiazza verde che si faceva sempre più grande e vicina. Atterrò sull'erba come avrebbe fatto un angelo e si avvicinò ad un corpo immobile disteso sul terreno. Con due dita, alzò il velo e scoprì il corpo di sua madre. Atterrita, liz, fissava Il volto della donna consumato dalle sofferenze e dal cancro, che sotto i suoi occhi si trasformava velocemente in un teschio, sgretolandosi fino a divenire polvere che spariva nell'erba . Non vedendola più, la cercava scavando con le mani nude nel terreno duro – Mamma non lasciarmi,-la pregava - non andare via, non morire mamma, ti prego! Mamma!

Di nuovo sola, piangeva disperata. Il passato triturato e rimontato insieme dalla mente drogata, non le sembrava più il suo. Era disorientata, stanca ,sola e senza meta nella città completamente deserta. Sempre più confusa,voleva svegliarsi a tutti i costi, tentando di aprire gli occhi che invece rimanevano ciechi, follemente rivolti a guardare se stessa che si muoveva nel passato, consapevole di cosa le sarebbe successo. Impotente nei confronti di un terribile destino ormai scritto, poteva solo guardare gli eventi vissuti che erano anche il futuro.


 

Incubo. La paura che anche Tom e i bambini si trovassero nella sua stessa situazione cominciò a farsi strada. Non sapeva chi, e perché, le succedesse tutto ciò, e se le facce scure che aveva intravisto facessero parte dell'incubo che viveva o fossero reali .


 


 

Capitolo terzo

La base


 

Impigliata nella ragnatela dell' incubo si agitava e si lamentava sulla brandina sudicia e i rapitori guardavano eccitati il suo bel corpo che si contorceva come fossero stati in un bordello o forse dei sadici in un laboratorio dove le cavie venivano sottoposte ad esperimenti. Cawi, voleva assaggiare subito quel bel bocconcino, ed aveva cominciato a slacciarsi i pantaloni, quando la donna riprese conoscenza per qualche minuto e aprendo gli occhi emerse da un pozzo profondo e buio. Gli occhi non vedevano ancora bene e li stropicciava con le mani, cercando di mettere a fuoco le immagini, mentre una zaffata di puzzo simile a quello di un animale selvatico entrò nelle sue narici nauseandola. Nella penombra della stanza, riuscì a distinguere i contorni delle facce scure. Stavolta parlavano fra loro. Quello più vicino le toccava e annusava i capelli e sentì sulla pelle tante mani sudate, che alla flebile luce le sembrarono neri scarafaggi che le salivano su per le cosce. Liz, paralizzata dal terrore rimase immobile solo per qualche secondo, poi con tutta la forza e il coraggio che riuscì a racimolare, cominciò a tirare calci e pugni e scuotendo la testa da un lato all'altro della brandina finalmente lasciò uscire dalla gola riarsa un urlo di terrore – lasciatemi!--, gridava -- chi siete?,- tentò di alzarsi ma gli uomini le bloccarono i polsi-- che volete da me?, Tom, papà ,aiuto!, aiuto!-- gridava con tutto il fiato che aveva. Ma nessuno le rispose. Il capo , pentito di aver rapito proprio una donna pensava:,- questa non porterà altro che

guai-- e vedendo l'eccitazione dei suoi che già litigavano per lei, sentiva crescere il suo istinto omicida verso quell'americana isterica, sicuramente puttana come tutte le donne--- fatela stare zitta, altrimenti la uccido subito! Legatela e imbavagliatela! — disse ai suoi mentre usciva infuriato dalla baracca prendendo a calci tutto ciò che trovava davanti a se.

I quattro Somali, intimoriti eseguirono l'ordine del Comandante e immobilizzando Liz che ancora gridava e scalciava, riuscirono a iniettarle una nuova dose di ketamina per uso veterinario, di dosaggio e composizione ignota comprata da un ambulante al mercato nero, che la fece ripiombare nel nulla assoluto e poi di nuovo nel passato sottraendola alla terribile realtà. Cawi aveva ancora i pantaloni calati mentre chiedeva a Gothi, ritenuto da tutti il più intelligente e scaltro — che dici Gothi, possiamo scoparcela anche mentre dorme, no?---

----Se vuoi dire addio al tuo serpe, fai pure, Lo sai com'e fatto il capo,vuole sempre essere lui il primo.---

---hai ragione, non è il caso di rischiare---

La paura ebbe la meglio su Cawi che trafficò per un po' con le mani nelle mutande davanti al corpo di Liz, mentre Gothi, Haribo e stigo che non erano di guardia alla donna, andarono a sfogarsi al poligono di tiro del campo.

--andiamo a bucare un po' il nostro amico, scommetto una birra che neanche stavolta riesci a staccargli la testa dal collo-- disse Haribo a Stigo, riferendosi alla sagoma colpita. Accesero i riflettori alimentati da un potente generatore e bevendo birra fecero un rumore infernale e una montagna di bossoli di mitraglietta. Ogni colpo sparato costava cinque dollari e forse la vita di qualcuno, ma per il momento non erano loro a pagare.


 


 


 

Nel cervello sconvolto di Liz, le immagini cambiavano rapidamente e ora davanti a se vedeva il padre Abraham. Come la figlia aveva bei lineamenti delicati,ma a differenza di lei, che si faceva travolgere dall'impulsività, aveva un carattere mite e paziente. Adesso le sorrideva, ma di un sorriso amaro, imbarazzato, stretto nell' abbraccio possente del fratello Klaus, al quale avrebbe sputato in faccia, se solo avesse immaginato che animo schifoso celava la falsa maschera di benefattore.

Il giovane Abraham Browning, sfortunato e malpagato insegnante di pianoforte non riuscendo più a mantenere la sua famiglia ridotta sul lastrico, non aveva avuto altra scelta se non quella di accettare l' aiuto del fratello, rozzo e superficiale, disprezzato anche da sua madre Anna . Klaus Browning viveva da anni in Brasile e accompagnato dalla fortuna, aveva avviato una grande impresa di import-export . – vieni in brasile Abraham!- gli aveva detto - è un paese facile da capire!, l'allegria è dovunque, anche sui culi delle donne!.-- Liz guardava suo padre che si scioglieva dall'abbraccio e salutandola si allontanava, lasciando suo zio Klaus in primo piano davanti a lei. Quell'uomo, per il quale provava ribrezzo, anche ora che era fatto solo dell'essenza dei suoi pensieri, tentava di toccarla. Come allora. Quando da adolescente era passata a salutare suo padre nel grande magazzino di San Paolo. Rimasta sola con lo Zio che sapeva della sua passione per gli animali le disse strizzando gli occhi porcini --- Liz, vieni a vedere che bei gattini sono nati, sono tanti e tutti in una scatola con la mamma!..--- e l'aveva portata dietro una alta pila di cartoni colmi di banane. E adesso c'era cascata ancora. Come la ragazzina ingenua di allora sentiva una rabbia sorda verso se stessa crescere dentro, -- avrei dovuto capire, sono una stupida!, perché non ho ascoltato quanto i miei sensi percepivano? Sono una stupida!- si ripeteva, mentre i capillari rotti sul naso paonazzo di suo zio si avvicinarono fino a premere la bocca puzzolente di alcol sulla sua.


 


 

Capitolo settimo

Mbawi, si era seduto sul lungo tronco tagliato di fresco e stava avidamente succhiando la generosa manciata di foglie di qat che si era infilato in bocca. Ma la droga, non gli rendeva più facile sopportare la presenza della donna americana, e soprattutto non riusciva a lenirgli l'ansia che provava per aver fatto di testa sua. Non avendo messo al corrente del rapimento Mister Said, dal quale dipendeva, non voleva pensare alla reazione dell'ex-ministro degli esteri del regime di Syad Barreh e famoso proprietario dell'unica villa di trecento stanze alla periferia di Mogadiscio. Avrebbe avuto il suo tornaconto Mister said da questa faccenda? Cosa ne aveva da guadagnare? Quando ne verrà a conoscenza ordinerà di farmi fuori? Si domandava Mbawi che sembrava rendersi conto solo adesso, delle pericolose implicazioni che il rapimento della donna avrebbe potuto scatenare nei meandri delle relazioni illecite con politici e multinazionali.

<è stato un azzardo prendere in ostaggio una americana,ma ormai non posso tornare indietro, devo rispettare il piano prestabilito fino in fondo, se tutto filerà liscio, sarà solo Kalama a rimetterci la pelle. Devo stare calmo e non fare colpi di testa>, pensò inspirando profondamente la notte calata sul campo.

Elizabeth Donner, che passava la stessa notte, nello stesso campo di mbawi percepiva il tempo come cristallizzato in un momento preciso. Le ultime ventiquattro ore era come se non fossero mai cominciate o mai finite, ma miscelate e mescolate insieme alle sue emozioni e ai forti odori che la natura africana regalava, davano vita alla realtà parallela in cui si muoveva la sua mente. Pescando nelle acque dei suoi sensi di colpa, rivide sua sorella Violetta, abbandonata, anche da lei, al destino forse tragico che si era scelta. Violetta, a differenza di Elizabeth era nata a Monaco di Baviera, ma aveva da subito amato il brasile, facendo proprio lo stile di vita dei bassifondi che aveva cominciato a frequentare da adolescente Affascinata dalla spavalderia che i ragazzi brasiliani esibivano, ne era rimasta intrappolata come un pesce nella rete quando la droga si era impadronita del suo cervello. Viveva ormai come i drogati di tutto il mondo, concedendo il suo corpo, in cambio della polvere bianca che l'aveva stregata ed in balia del tipo dall'aria equivoca che girava sempre armato fino ai denti con cui viveva. Violetta, considerata morta, perduta ed irrecuperabile, abbandonata a se stessa salutava Liz ed dal resto della famiglia che si trasferiva negli Stati Uniti, dove il loro padre, abbandonato il lavoro, e il fratello che odiava, avrebbe allestito una scuola di musica a Washington. Da quel giorno Liz aveva perso le tracce di sua sorella ma non era passato giorno che non pensasse a lei.


 


 


 

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Ma un nuovo terrore si aggiunse al suo incubo: la paura che anche Tom e i bambini si trovassero nella sua stessa situazione. Non sapeva chi, e perche le stesse facendo quella violenza terribile, e se fosse rivolta solo a lei o a tutta la sua famiglia. E così, pensando a Tom, il suo ricordo andò indietro nel tempo. Grazie alla sua passione e competenza per la musica, era riuscita a farsi assumere in una casa discografica, dedicando al lavoro tutto il suo tempo e le sue energie, niet'altro le interessava. Ma una mattina aveva incontrato Tom Donner e se n' era innamorata appena l'aveva visto scendere dalla macchina che aveva tamponato. Quel suo viso duro e pieno di spigoli le dava l'impressione di un uomo dal carattere inquieto, un'insieme di ansia e tristezza si leggeva sul suo volto e contrastava con gli occhi che erano chiari calmi e sereni , per Liz erano un rifugio e guardandoli ci vedeva un lago di montagna dove l'universo intero si specchiava. Inoltre le piacevano da morire i suoi capelli, toccarli, giocarci,li sentiva ancora tra le sue dita, così ribelli che Tom doveva tenerli a bada con gel e spazzola. Eccolo, veniva verso di lei,e quel tuffo al cuore la prendeva alla sprovvista ogni volta , ora sembrava molto più alto di quanto fosse in realtà e le appariva elegante anche se indossava un semplice paio di jeans. Era l'uomo della sua vita, e lo guardava ancora con gli occhi di un'amante anche se era sua moglie da cinque anni.

La coppia era diventata una famiglia con l'arrivo di due bambini. Adesso, approfittando delle vacanze di natale si trovavano in Africa, continente di cui erano innamorati da sempre. Il loro soggiorno al the Coconut Village in kenia stava per volgere al termine e Liz era sdraiata al bordo della piscina,dove regalava il suo corpo per un'ultima volta al sole cocente. Con una mano si schermava gli occhi, troppo chiari per la luce dell'Africa, mentre un accenno di sorriso guarniva la sua bocca guardando suo marito e i loro due bambini giocare nell'acqua tra schizzi e grida,quando lui come se avesse avvertito quello sguardo su di sé, si voltò verso di lei e la chiamò guardandola con amore: —Liz, vieni a farti un tuffo, ormai non credo potrai abbronzarti più di così, sei diventata color bronzo e con quel costume bianco sembri ancora più scura--- e avvicinandosi al bordo della piscina le sussurrò —sei bellissima— Lei ricambiò il suo sguardo,e la voce lievemente roca di Tom, carica di segreta complicità come quella di un amante, le dette appuntamento a notte fonda, quando finalmente i bambini avrebbero ceduto al sonno e loro due si sarebbero sdraiati nel giardino facendo l'amore e parlando sottovoce. Ma si riscosse da quel pensiero. Fece un sospiro e alzandosi dal lettino chiese — perche non uscite da quella piscina piena di cloro e andiamo tutti a farci un bel bagno nel mare? – si, si, mamma-- gridarono Meggy e Clive, nuotando verso la scaletta – andiamo papà dai, così cerchiamo delle altre conchiglie—in un attimo i bambini sono fuori dall'acqua e corrono verso Liz che li aspetta a braccia aperte.

I bambini, rispettivamente di quattro e tre anni, a prima vista non si assomigliano affatto, i loro colori così differenti fanno di Meggy una bambina bruna, con piccolissime lentiggini su un nasetto impertinente e una pelle bianca e delicata che a quelle latitudini doveva essere sempre coperta da un generoso strato di crema protettiva. Clive invece aveva un caschetto di capelli biondi in perenne movimento come la bocca che usava ininterrottamente per parlare o per mangiare, soprattutto frutta, di cui era veramente ghiotto, e in kenia il bambino rimaneva incantato davanti al buffet del ristorante colmo di infinite varietà di frutti succosi e coloratissimi. – mami dai,prendi un sacchetto per le conchiglie e andiamo a fare il bagno—le stava dicendo con impazienza,

Bambini – disse lei abbracciandoli —ci vorrà un'altra valigia per portare a casa tutte le conchiglie che abbiamo raccolto –e Meggy le rispose strappandole un sorriso con la sua innocenza —heleni, le vende alla boutique le valigie nuove,la compriamo da lei una nuova. La famiglia Donner al completo, leggera come una nuvola corse verso il mare turchese.


 


 


 


 

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Capitolo..


 


 

I giorni stavano volando via, scanditi uno dopo l'altro dal ritmo della classica vacanza familiare, ma Liz sentiva anche il bisogno di momenti di solitudine per riempirsi dei colori e dei profumi dell'Africa che risvegliavano in lei sensazioni sopite. Così, tutte le mattine prima dell'alba, lasciava furtiva la sua famiglia ancora immersa nel sonno e attraversava il villaggio addormentato arrivando di corsa sulla spiaggia deserta. Emozionata, si sedeva sulla sabbia fredda, dove il suo essere si fondeva con quel che restava del mondo primitivo e fissando l'orizzonte stava in attesa della prima luce del sole, che sorgendo avrebbe rischiarato il cielo, il mare e lei, una semplice donna come la progenitrice di tutta l'umanità, come l'Eva preistorica, che era vissuta e aveva dato la vita ai propri figli guardando il sole , forse sulla stessa sabbia su cui lei era adesso. Il rito mattutino, spellava e denudava la sua anima, togliendo strato dopo strato tutti i veli che la soffocavano rendendola insensibile , lasciando di lei solo un nucleo impalpabile e vulnerabile, l'essenza del suo io, percepibile per pochi struggenti attimi. Poi svaniva, lasciando Liz a piangere di gratitudine per l'appartenenza al genere umano e disperata per l' impotenza di se e della sua stessa specie.


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

Capitolo ottavo

Fuori dal suo corpo addormentato , il tempo aveva assunto le sembianze di un uomo , il suo nome era Gothi e con la cartucciera a tracolla che pendeva sul torso nudo le sedeva pazientemente di fronte . Godendo del momento d'intimità la studiava, come se volesse imparare a memoria ogni particolare ed ogni curva del suo corpo, che anche senza il governo della mente era colmo di pudicizia. Ma dentro , il tempo era come un'ape che passando da un fiore all'altro velocemente volava sui ricordi.

Il giorno del rientro a Washington era arrivato e le valigie erano già pronte fuori dal bungalow. Liz con un'ultima occhiata salutò sorridendo quel piccolo paradiso che per quindici giorni era stato suo e chiudendo la porta alle spalle si sentì il cuore pesante per il distacco, come se l'Africa fosse una madre .

-Andiamo a salutare Heleni - disse ai bambini – e Tom, per favore, ricordami di chiederle il suo nuovo numero di telefono — lui le rispose solo con un cenno affermativo della testa mentre camminava con l'aria assente.—Devo trovare il coraggio, devo chiederglielo-- pensava Liz, che ancora non aveva trovato il momento giusto per parlare con lui del dubbio che la tormentava . Ma era giunta la fine della vacanza, quindi pensò di tacere ancora per un po', ignorando la leggera angoscia che tentava di tenere a bada senza successo, forse gliene avrebbe parlato a casa, ma non ne era tanto sicura.


 

Ancora sotto l'effetto della droga era prossima ad un collasso. In ipotensione e con un velo di sudore freddo che le ricopriva il corpo, nel suo incubo vaneggiava di avvertire se stessa del pericolo che l'attendeva. Sperimentando il viaggio nel tempo non si accontentava di essere spettatrice e come una pazza batteva i pugni dietro ad un inesistente spesso vetro,tentando di violare l'impossibile gridava : — Vi prego! non andate all'aeroporto! Tom ti prego non mi portare là!aspetta Tom ! Vi prego ascoltatemi! . - Ma la famiglia Donner si muoveva nel passato seguendo le leggi naturali della fisica, in cui le cause precedono sempre gli effetti, mai il contrario.


 

All'oscuro di ciò che l'attendeva Liz stava passando attraverso il curatissimo giardino del villaggio, riempiendosi gli occhi dei colori accesi dei fiori che facevano a gara per mettersi in mostra, e come se fosse in un luogo magico ascoltò il frusciare delle foglie di palma, che mosse dal vento leggero nel silenzio circostante, le parvero, le parole di un saluto . Clive approfittò subito dell'attimo di distrazione di sua madre. Si fermò davanti ad un cespuglio punteggiato di invitanti bacche rosse e ne colse un paio per assaggiarle, lei lo vide appena in tempo –Clive, non mangiare quelle bacche sono velenose! — disse togliendogliele bruscamente di mano.

--oh mami,-- si giustificò lui — sono così belle! non possono essere velenose! –

-- amore mio, mi dispiace deluderti , ma devi imparare che anche ciò che è bello può nascondere delle insidie, bello e buono non sono la stessa cosa! — disse baciandolo.

Tom si sentiva già a casa e spazientito guardava l'orologio troppo spesso. Non rimaneva molto tempo a disposizione prima della partenza, -- Ecco, -- pensò guardando sua moglie – Non pensa mai a niente di concreto, ha sempre la testa tra le nuvole-- decise così di andare da solo alla reception per pagare il conto e per controllare un 'ennesima volta, se fossero arrivati messaggi riservati da Washington.

Camminando veloce per i vialetti del giardino pensava -- non la sopporto più , ha lo stesso carattere pasticcione della madre italiana. Solo improvvisazione e sentimento– Tom chiuse gli occhi e si lasciò avvolgere dall'intenso profumo che aleggiava nell'aria, come fosse un caldo corpo di donna. Quel pensiero eccitante, come una presenza fisica lo accompagnò fino all'edificio principale riconoscibile dal grande tetto Makuti. – Non è solo un ombrello fatto di foglie , l'uomo è al sicuro anche da se stesso e dai cattivi pensieri quando si affida alla sua ombra –gli aveva detto un giardiniere al loro arrivo,Tom alzando gli occhi ne ammirò la splendida architettura cercando di liberarsi dell'inquietante idea che contro la sua volontà sempre più spesso si faceva viva.


 

Capitolo……..


 

--Heleni— gridavano i bambini correndo verso la signora africana dalla pelle liscia e compatta che in maglietta gialla dalla porta della boutique sorrideva loro, già pronta a baciarli. Anche liz la baciò e guardando il suo viso sorridente e sereno provò un grande affetto per l'amica che invitava al buonumore come l'allegro tintinnare dei cerchietti di plastica colorata che fermavano le sue treccine.

Liz abbracciandola sentì la morsa della malinconia, appoggiò la testa alla sua e disse: -- mi dispiace tanto andare via Heleni, ormai sono … Quanti anni sono che vengo qui Heleni? Ne ho perso il conto!-- —Otto o nove anni credo, cara Liz. Non eri ancora sposata e i miei figli erano ragazzini, adesso sono adulti e il mio Jeff è entrato in polizia-- rispose Heleni scuotendo la testa, ancora incredula della fortuna toccata a suo figlio maggiore, anche se le venivano i brividi quando ripensava ai sacrifici bestiali che aveva fatto dopo la morte del marito per permettergli di studiare. — Hai visto come passa in fretta il tempo?Ma ti prometto che il prossimo anno staremo insieme più a lungo -- Disse Liz ignara dei pensieri di Heleni.Intanto Tom arrivato al suo fianco abbracciava la moglie aggiungendo:-- vogliamo organizzare un bellissimo safari fotografico per il prossimo dicembre, Meggy e Clive avranno l'età giusta e tu verrai con noi. Scommetto che nonostante tu abiti qui non sei mai andata nella savana?. Ho indovinato?— --E' vero Tom, hai ragione, - rispose imbarazzata ma contenta heleni – a differenza di tanti miei concittadini , io ho la fortuna di conoscere certe care persone—carezzò con la sua mano scura e leggera il volto dei due amici—che mi inviteranno a visitarlo- E un po' a disagio gli regalò l'unica cosa che lei aveva da offrire: il suo sorriso più bello.

–Ah! Heleni!, prima che io mi dimentichi, -- disse Tom chiedendo l'approvazione di Liz con lo sguardo - devi darci il tuo nuovo numero di telefono, così ti chiamiamo al nostro arrivo a casa.-

-Bravo ragazzo!- disse Liz rasserenata dall'umore del marito che baciò su una guancia, perdendo di vista i bambini che giocavano con le delicate sculture di legno esposte alla boutique.

Heleni scrisse il nuovo numero su due bigliettini che consegnò loro dicendo -- uno per ciascuno, so come sei fatta Liz.--

Salutando con la mano anche da dentro il taxi carico all'inverosimile di valigie, la famiglia Donner si diresse alla volta dell'aeroporto di Mombasa.


 


 

Capitolo nono

MBAWI

A poca distanza dal lato sud, dove Liz giaceva, c'era un'altra baracca nascosta dalla vegetazione equatoriale, che veniva usata per le riunioni e come mensa del campo. La sua ubicazione è conosciuta a mercenari e terroristi di varie nazionalità,mandati li per imparare le tecniche di guerriglia, da chi ha interesse, come scopo principale, di impedire che il potere dell'elite somala dominante venga messa in discussione.

L'interno della baracca era un vero tugurio, un odore di corpi sudati e cibo marcio saturava l'aria, mentre il ronzio delle mosche che banchettavano indisturbate sul tavolo ingombro di avanzi e lattine di birra, quasi copriva l'audio del televisore acceso che nessuno ascoltava. Gli uomini accaldati e a torso nudo , con le armi in mano si aggiravano nella stanza in attesa di ordini. Il loro capo Mbawi , sfidando il caldo infernale, stava sdraiato sul divano puzzolente in tuta mimetica, basco e stivali anfibi. Il viso scarno aveva la pelle tesa della durezza del cuoio, due occhi perennemente in movimento, ed un naso largo e schiacciato che troneggiava ampiamente lasciando poco spazio alla bocca e alle mascelle che si contraevano con un movimento simile ad un tic, che faceva vibrare anche la barbetta fitta e riccia che gli pendeva dal mento. Per calmarsi , lucidava la lama del coltello, mentre ripassava a bassa voce il piano, e tanta era forza con cui spingeva le parole tra i denti serrati, che ne uscivano irrigidite, come le mani di un carcerato infilate tra le sbarre di una prigione ; imprecazioni e bestemmie, nonostante tutte le fasi immaginate, come tessere, andassero ad incastrarsi perfettamente nel puzzle della vendetta.


 


 


 


 


 


 


 

-----------------ideazione del piano-------------------


 

Alcuni giorni indietro, come sempre a quell'ora, i raggi obliqui del sole al tramonto entrarono nella baracca di lamiera rovente da un vetro rotto della finestra e battendo sullo schermo del televisore acceso oscurarono come un'eclissi l'immagine della giornalista occidentale che scomparve. Ma la voce annunciò: --Somalia, i Guerriglieri della Liberazione ed il sedicente capo Kalama hanno rilasciato oggi gli ostaggi . Il rapimento risalente ad una settimana fa, era avvenuto durante l'ennesimo attacco dei guerriglieri Somali, che sempre più spesso aggrediscono il personale della stazione estrattiva a poca distanza dalla costa -- la notizia fece saltare dalla sedia Mbawi, che gonfio di rabbia e sputando maledizioni, prese una bottiglia dal tavolo scagliandola in direzione del televisore, mentre la signorina continuava a leggere:---- il rapimento dichiarano i pirati, ha lo scopo di attirare l'attenzione sul loro paese, depredato delle risorse energetiche. Difendiamo il cibo per i nostri figli!,è il grido dei guerriglieri. I due europei rilasciati, operai della piattaforma petrolifera, dichiarano di stare bene e di non aver subito violenze.-- Intanto la situazione a Mogadiscio è peggiore che durante la guerra civile e descritta così dal giornalista Abukar Aldabri: -- ogni volta che si esce di casa lo si fa a proprio rischio e pericolo, senza essere sicuri di tornare. L a maggior parte dei negozi è chiusa, le scuole hanno sospeso le lezioni e metà della gente è scappata dalla città. L'esodo è così massiccio da aver fatto raddoppiare i costi di tutti i mezzi di trasporto, dagli aerei ai minibus. Ogni ora, in ogni strada, i miliziani rubano, stuprano, uccidono in totale impunità. La polizia, con la scusa di raccogliere armi, perquisisce casa per casa e ruba radio, tv, soldi, tutto quello che trova. Invochiamo l'intervento dei caschi blu dell'onu – I quattro somali alle dipendenze di Mbawi si guardarono preoccupati muovendosi a disagio selle sedie sgangherate,non aveva capito granché della notizia, ma il nome di Kalama era bastato a metterli in allarme, perche se al loro capo si ricordava quanto stava combinando il capo dei guerriglieri della liberazione, erano guai . Mbawi passeggiava nella stanza ad occhi bassi con le mani intrecciate dietro la schiena, ribollente di rabbia.

– questi Guerriglieri del cazzo vanno fermati una volta per tutte! kalama il bastardo deve finirla. questa storia degli ostaggi si sta facendo sempre più pericolosa. Il problema, è che non torcono un capello alle loro vittime, anzi! Gli occidentali, quando vengono rilasciati sono pronti a fare da testimonial per il gruppo e qualcuno di loro è persino diventato loro amico! Scommetto che il mondo e anche il Presidente Americano appena eletto, guarda quasi con comprensione a quella banda di smidollati.

--Vogliono imitare i guerriglieri del delta del Niger, altro gruppo di idioti quello!--- azzardò Gothi, con aria di sufficienza passandosi le mani sulla testa appuntita. La notte nera che Mbawi si portava sempre appresso, si stava espandendo, mentre le sue nove dita risparmiate dalla lebbra, giocherellavano con un coltello lungo e pericoloso come un mamba. Gothi, Cawi, Haribo e Stigo ,come fantocci senza volontà sedevano intorno al tavolo, i loro occhi neri tradivano la preoccupazione con cui seguivano Mbawi che si muoveva nella stanza. Il capo somalo, incarnava la loro semplice e triste filosofia di vita: compiere qualsiasi crimine per chiunque li pagasse. I giovani uomini,non facevano parte di gruppi combattenti fanatici della jihad, né, appartenevano ad organizzazioni di shebaab,vicini ad Al-Queda che detengono ormai il potere nell'ottanta per cento del territorio somalo, infiltrati anche nella popolazione civile di Mogadiscio. Non nascondevano le loro cattive azioni dietro false ideologie,volevano solo sfuggire a tutti i costi dalla miseria e dalla disperazione che li accompagnava dalla nascita. Rifugiati nel loro stesso paese, i più vulnerabili tra i vulnerabili, profughi tra i milioni di persone bisognose di aiuti alimentari, che la guerra civile ha spogliato di tutto, lasciando loro solo il bene della vita. Cosa farsene della vita, se non si ha più la protezione di un clan? Si era chiesto Mbawi , un disperato,un mooryan, ovvero uno dei trecentomila miliziani che a Mogadiscio si erano macchiati di violenze inaudite, lasciando sulle strade della città dopo cinque mesi di scontri, quattordicimila morti e trentamila feriti destinati a diventare anch'essi cadaveri. Per sfuggire al destino, si era messo in affari con Mister Said, come lo chiamavano in città, capo dei miliziani e vero detentore del potere a Mogadiscio, sostenitore del partito islamico, che aveva interesse ad impedire la costituzione di un vero governo di unità Nazionale. La strategia di Mister Said, era di rendere la realtà poco comprensibile e confusa sugli avvenimenti . Finanziando bande armate che seminavano terrore nella popolazione guerreggiando tra loro, l'opinione pubblica non poteva più schierarsi con certezza dalla parte delle vittime, poiché tutti apparivano vittime e aggressori allo stesso tempo. In questo scenario Dantesco, Mister Said e i Signori della guerra, assoldando gruppi di terroristi e sostenuti da governi stranieri, guadagnavano terreno su tutti i fronti. Mbawi,era diventato uno dei mercenari, ma stufo della guerriglia aveva preferito occuparsi del campo e dell'addestramento . --Ho bisogno di uomini che mi servano senza fare domande-- decise un giorno e scendendo al porto trovò i quattro ragazzi .----- A quale clan appartenete?—aveva chiesto Mbawi come prima cosa -- I benadiri —avevano risposto i ragazzi con lo sguardo sprofondato sull'asfalto

Mbawi rise di disprezzo – e lo chiamate clan? Quella comunità di agricoltori del cazzo? Non è altro che un'accozzaglia di razze--

--Stai contento, noi siamo i soli sopravvissuti. il clan è stato decimato dal veleno. Quegli imbecilli si sono bevuti l'acqua nei bidoni che hanno trovato sulla spiaggia e quasi tutti, uomini donne e bambini hanno cacato e pisciato sangue prima di morire.

--Ehi Gothi,-- rincarò Stigo -- guarda che il sangue gli usciva anche dagli occhi! L'ho visto io!---

Mbawi rise battendosi le mani sulle cosce :--Le scorie radioattive dei culoni europei! Ecco cosa li ammazzati !-- tagliò corto, sapeva del traffico di rifiuti, avendo visto la costa dopo le mareggiate disseminata di migliaia di bidoni gialli.

-- insomma siete dei bastardi. Non appartenete ai clan dominati, come gli Issaq Darod o Hawiye, o ad altre famiglie di nobili nomadi cammellieri, e si vede—disse con disprezzo sputando in terra mentre studiava I quattro disgraziati laceri e magri da far paura.

–Va bene vi prendo.—disse infine rinfoderando il coltello, mentre pensava -- almeno non sono di un clan nemico --

Scesi al porto in cerca di un imbarco o di un lavoro, con un' aria innocente e sorpresa sempre stampata in faccia,si erano venduti a Mbawi che del suo ristretto regno era il dittatore e dare ordini a uomini sottomessi, era quanto di meglio potesse trovare per sfamare il suo ego.

Mbawi continuava a parlare camminando avanti e indietro nello squallore della baracca. –Non vorrei che quel cazzo di idealista del presidente Obama, che ancora non ha capito chi comanda, drizzasse le orecchie e pensasse di rifilarci un bel governo democratico così da farci dividere questa torta con tutti gli altri. Ne avevo già parlato al capo giù a Mogadiscio, e anche a lui non piace la piega che la cosa sta prendendo,soprattutto ho saputo, che la cosa non piace alla Exxon, che vuole trivellare in pace quei maledetti pozzi. -

Kalama e i suoi stanno facendo troppo casino —disse alzando il mento e indicando il televisore da cui avevano appena appresa la notizia sui guerriglieri -- Quindi per combatterli ci serviremo degli islamici che vengono ad addestrarsi in Somalia. Said, il nostro caro ex-ministro, ha promesso più dollari e carta bianca per annientare Kalama e i guerriglieri. Il terrorismo internazionale getterà un po' di polvere negli occhi dell'opinione pubblica sulla guerra che ci inventeremo. – Gothi gli si avvicinò porgendogli una birra -- Tanto lo sappiamo tutti che i giornalisti si interessano di noi somali, solo per la marea di petrolio che è stata scoperta sotto i nostri culi neri!.— ---Si Comandante, tutti vogliono una parte di bottino!—rincarò stigo

- Ma Kalama sta attirando gli sguardi di chi non dovrebbe vedere —concluse mbawi battendo con forza un pugno sul tavolo.

Il comandante Mbawi e Kalama,capo dei guerriglieri della liberazione erano nati in Somalia quando il generale Barreh prese il potere con un colpo di stato e provenivano dalla stessa tribù. La tradizione orale raccontava che le donne del loro villaggio fossero le leggendarie e bellissime ragazze Oromo, che unitesi con gli sheiki provenienti dalla penisola arabica avrebbero dato vita a tutti clan più importanti.

Mbawi seduto vicino al tavolo piluccava dei datteri da un cartoccio aperto e scacciando sciami di mosche che si posavano ovunque , guardava i suoi uomini che fumavano sigarette straniere bevendo una birra dietro l'altra . –ho sentito Hans – il contatto tedesco che rifornisce il gruppo di armi e terroristi di forze paramilitari da addestrare –mi ha detto di tenerci pronti per l'arrivo degli M32, se tutto va bene ci troveremo domani al porto. Prima di incontrarlo io Gothi andremo in città a ritirare i dollari dalla solita persona --.afferrò la bottiglia bevendo una generosa sorsata di wodka pensando-- abbiamo fatto un buon lavoro con l'ultimo gruppo di Libanesi, questa volta mi beccherò un bel gruzzolo— Gothi, Cawi Aribo e Stigo , pedine di un gioco di potere, dove i benefattori sono uomini politici che intessono trame con cellule di Al Qaeda per creare tribunali islamici e la rimessa in vigore della legge della sharia,ridacchiavano tra loro sfregandosi le mani. Gothi che cercava di compiacere in tutti i modi il capo guadagnandosi la sua fiducia, lanciò la sua idea.

- perché non proviamo le nuove armi sul campo dei guerriglieri della liberazione?, così non sprechiamo le munizioni della prova!e intanto riempiamo di buchi quel campo e quei vermi che potranno nascondersi dove meritano: sottoterra! ha ha ha—concluse ridendo e mimando il gesto di caricare il lanciagranate, mentre anche gli altri imitandolo come scimmie si piegavano in due dalle risa.

Mbawi , pensò che fosse un' idea divertente. Mostrando freddezza disse—si è vero, si può fare, una buona idea per colpire Kalama .

I margini del campo di addestramento erano spariti nel buio.Il sole dopo aver infiammato il cielo all'orizzonte per pochi minuti è tramontato lasciando il posto all'ora ideale per gli agguati e le imboscate . Il comandante spazientito dal suo gruppo che ancora rideva sguaiatamente riprese subito il comando --Cawi, Haribo, turno di guardia! andate e tenete gli occhi aperti, se fallite come l'ultima volta e trovo qualche bastardo che ruba nel campo, vi taglio le palle. Come ho fatto loro, se ricordate bene — disse affettando l'aria con il coltello.

I due uscirono senza farselo ripetere una seconda volta. conoscevano bene il carattere di Mbawi, anche a Mombasa lo avevano visto tagliare la testa a una donna colpevole soltanto di avergli rubato una banconota mentre lui giocava a carte. La testa ridotta ad un cranio spolpato dagli animali, era ancora dove lui l'aveva messa, in bella vista nell'incavo del tronco di un albero a far da monito a tutti.

Ma Mbawi non era soddisfatto, voleva chiudere definitivamente la partita con Kalama.

non basta! – diceva con la bava alla bocca – non mi basta distruggere il campo dei guerriglieri, dobbiamo anche distruggerli agli occhi del mondo!-- E come comandante? – si azzardò a domandare Stigo, Mbawi con occhi febbricitanti rispose –dobbiamo rapire qualcuno , un personaggio importante e far credere alla stampa che sono stati loro. Noi lo portiamo qui , lo strapazziamo e ci divertiamo come sappiamo fare noi….., disse strizzando gli occhi come avesse perso il contatto con la realtà, abbandonando l' idea di servirsi dei terroristi islamici.

– E dopo lo ammazziamo – aggiunse Stigo,con un tono di voce leggiadro come se stesse raccontando una fiaba --Si! Rivendicheremo a nome loro il rapimento e sul cadavere torturato che restituiremo metteremo la firma dei Guerriglieri della Liberazione. Voglio vedere chi avrà ancora simpatia per loro — concluse Mbawi mentre la vendetta stava prendendo forma. Sempre più eccitato stigo disse –Comandante, possiamo prendere in ostaggio una donna?, occidentale?, magari bionda!, mi sono sempre piaciute le donne bionde!

- Anche a me – disse con occhi sognanti Gothi

Mbawi, soddisfatto già pregustava la sconfitta di Kalama pensando – in fondo è la mia personale vendetta e voglio godermela tutta -- e sentenziò deciso -- si, faremo questa pazzia! Andremo a scegliere una occidentale, bella e bionda, nel posto più affollato di turiste che c'è in Africa

--Dove, comandante, dove?—chiesero eccitati e felici come bambini

.-- All' aeroporto di Mombasa.---

Fischi e urla di approvazione invasero la baracca e si udirono per tutto il campo. Gli uomini di guardia intorno al perimetro accorsero preoccupati e ricordando di mettersi sull'attenti com'era stato loro insegnato a colpi di frusta domandarono – che succede comandante? – appena ne furono messi al corrente, le loro sguaiate grida di gioia si aggiunsero alle altre nell'aria calda e pesante. Mbawi, sentendosi magnanimo, li perdonò risparmiandogli le punizioni corporali previste.


 

Il giorno successivo, di mattina presto, il gruppo si divise. Cawi e Haribo rimasero a presidiare il campo, poichè sapevano che nella zona si aggiravano un'infinità di bande di disperati che avrebbero rischiato la vita per una cassa di birra , Cawi salutando il capo disse – mentre voi andate al porto a ritirare le nuove armi, io preparo il resto dell'equipaggiamento necessario per il lavoretto al campo di kalama-,

Stigo non si reggeva in piedi , sonno, qat e birre l'avevano sfinito. Sbadigliando come uno stupido confessò al capo –io approfitterò di questo momento di calma per dormire, dopo la guardia di stanotte sono stanco morto.—ma Mbawi prendendolo a calci come fosse un fantoccio gli gridò – niente affatto idiota!,controlla le scorte dei viveri e dai una ripulita alla baracca vicino al recinto.— con sarcasmo aggiunse -- Non sai che stiamo per avere una signora come ospite? – Fatemi trovare tutto pronto: andremo prima al campo di Kalama, poi a Mombasa-- senza aggiungere altro partì in compagnia di Gothi e Stigo a bordo della jeep che alzò una nube di polvere fine come talco.


 


 


 


 


 


 

Capitolo……


 

La strada che stavano percorrendo in silenzio era l'unica che portava in città e al porto, l'avevano percorsa migliaia di volte tenendo lo sguardo fisso solo sul nastro rossiccio che si snodava davanti a loro e mai avevano rivolto lo sguardo ai lati della strada per ammirarne la bellezza. In mezzo al fogliame controllavano che non ci fossero nemici e vedere il mondo come un compagno di viaggio con cui condividere invece di prevaricare era impensabile.

Avevano dimenticato il Biri-ma-geydo, ovvero il principio che ha la sua origine nell'astenersi dal tagliare un albero per via della sua ombra, della sua rarità , delle sue particolari ragioni religiose, principio che venne esteso dalle popolazioni somale a categorie di persone, cui doveva essere risparmiata ogni violenza. La vegetazione ai lati della strada dove centinaia di palme da cocco svettavano verso il cielo con i fusti lunghi ed eleganti come colli di giraffa e alberi di giuda dai fiori rossi, sicomori, magnolie in fiore , era solo un posto dove procurarsi legna o animali, che si nascondevano impauriti, ma senza pietà venivano cacciati e scuoiati . Un luogo dove succhiare dalla terra l'acqua o il petrolio, preziosi elementi per tutti gli esseri , ma che di fatto è proprietà come tutto il resto, dei più forti e potenti.

Lo xeer, il diritto tradizionale aveva perso ogni significato, spazzato via dalla guerra civile.


 

Capitolo Undicesimo

_____I DONNER A MOMBASA____

L'aeroporto di Mombasa simile ad un formicaio brulicante di operaie apparve nell'incubo di Liz. Fuori dall'edificio regnava il caos più assoluto nell' esodo di centinaia di pulmini che arrivando ai terminal, scaricavano frotte di turisti per niente entusiasti di rientrare nei loro paesi di origine dopo le vacanze di Natale. Liz sapeva che sarebbe arrivato il taxi che aveva prelevato lei e la sua famiglia al villaggio, ed infatti in lontananza la macchina sovraccarica le apparve e si diresse allo scalo delle partenze facendo la gincana fra i turisti e le valigie , aggiungendo il proprio carico umano alla fila che come un serpente si snodava fin dentro l'Aeroporto. La famiglia Donner, dopo l'estenuante trafila al controllo dei bagagli quasi impossibili da richiudere,i bambini che continuavano a lamentarsi per la sete e la pipì, ancora controlli e timbro passaporti, riuscì a terminare il check-in.

Ora tutti e quattro sedevano in attesa dell'imbarco con i documenti timbrati in uscita e i talloncini delle carte d'imbarco già staccate. Il caldo era terribile ma i bambini finalmente tranquilli bevevano una lattina ridendo fra loro. Tom, più stanco che alla fine di una giornata in ufficio, sedeva per riposarsi i piedi, che dopo quindici giorni di assoluta libertà, si ribellavano alle scarpe in cui erano di nuovo stati chiusi lanciando per protesta delle fitte tremende. Liz gli era seduta accanto e all'improvviso, quasi sobbalzando e porgendogli il proprio passaporto e biglietto disse: -- mi stavo dimenticando della stecca di sigarette che ho lasciato in deposito quando siamo arrivati!, ricordi Tom?. L'ho lasciata qui per non pagare la tassa— Tom si domandava perché Liz trovasse sempre qualcosa da fare nei momenti meno opportuni. Rassegnato alzò gli occhi al cielo prendendo i documenti che Lei gli porgeva, mentre freneticamente cercava la ricevuta della dogana nel portafoglio straboccante di carte e biglietti da visita che giacevano lì da chissà quanto tempo, ma che si ostinava a non togliere, perché diceva, le sarebbero tornati utili in qualche situazione imprevista. Trovò la velina rosa scritta in una lingua per lei incomprensibile dicendo soddisfatta –eccola qua--- , Tom con aria scocciata le disse – Liz, ti prego! Fai sempre così, ti riduci sempre all'ultimo minuto. Lascia perdere! Non vorrai perdere l'aereo, vero?—la discussione stava diventando un litigio -- Toglimi una curiosità, perché ti affanni tanto per chiunque? -- Mio padre non è chiunque!- rispose offesa senza guardarlo in faccia -Lui no, ma lo sai benissimo perché le sue sigarette si trovano al deposito doganale! –non ho saputo dire di no—si giustificò imbarazzata -- Come al solito! Così accollandoci le sigarette eccedenti di una coppia che neanche conoscevamo, abbiamo fatto una coda impressionante per lasciare in deposito quelle di tuo padre, e adesso.. – liz interruppe Tom, che finita la vacanza, riprendeva il suo solito modo di comportarsi --. Si, si, va bene – tagliò corto Lei che non avendo cambiato idea, stava guardandosi intorno alla ricerca di qualcuno che potesse indicarle come raggiungere gli uffici della dogana, che si trovavano al di là della barriera del check-in. E distrattamente disse: —Hai ragione Tom, ma stai tranquillo, ci metto un attimo. E voi bambini state buoni,la mamma torna subito- non lasciò a Tom il tempo di replicare e si allontanò confondendosi nella folla di turisti carichi di ingombranti souvenir,e schivando carrelli e pacchi raggiunse una poliziotta dai fianchi generosi-- mi scusi, sa dirmi a chi posso rivolgermi? Disse Liz porgendole il foglietto. La donna strizzata nella divisa attillata senza proferire parola e prendendo la ricevuta fece cenno di seguirla. Liz nell'incubo tentava di avvertire se stessa :-- non andare con lei! Non seguire quella donna! - accompagnata da una strana sensazione di disagio entrò con la Poliziotta nel posto di Polizia. Era deserto e male illuminato,con il pavimento disseminato di cartacce, mozziconi di sigarette, e cumuli di bicchierini sporchi di caffè. Passando oltre, percorsero un lungo corridoio, le cui pareti senza finestre erano tappezzate di poster : <service to all>< utumishi kwa wote> , dicevano, per pubblicizzare un fantomatico miglioramento delle forze dell'ordine al servizio dei cittadini, Liz rimase dubbiosa e si chiese se non avesse sbagliato ad affidarsi alla poliziotta che la precedeva ancheggiando, quando varcando un'altra porta si trovarono direttamente nel retro dell'ufficio dogana non aperto al pubblico.

Mentre aspettava che finisse l'interminabile conversazione tra gli agenti doganali, la turista americana, distrattamente guardava gli squallidi mobili dell'ufficio rovinati dalla luce del sole, e toccando il bancone a cui si era appoggiata con una mano, lo sentì ruvido di grosse scaglie di coppale cristallizzata, che cadute a terra si erano frantumate formando un tappeto di vetro che scricchiolava sotto le sue scarpe. Intanto i toni della discussione che si svolgeva in swahili stavano aumentando pericolosamente e la giovane donna americana non sapeva come comportarsi, si sentiva fuori posto, ma riconoscendo il sacchetto del duty-free di Washington, posato sul ripiano alle spalle dell'uomo dietro il bancone, che ora teneva la sua ricevuta rosa tra le mani disse -- sono lì, quelle sono le mie sigarette, posso averle per favore?— mentre l'orologio sulla parete le ricordava le parole di Tom.

Un poliziotto che invece aveva a disposizione tutto il tempo del suo turno, guardandola con cupidigia le chiese dei soldi con un inequivocabile gesto della mano in cambio della stecca di sigarette che intanto aveva preso dal ripiano e ora le stava porgendo. Liz non sapendo se l'uomo parlasse inglese scandiva le parole – credo non ci sia niente da pagare – e mostrando le tasche vuote aggiunse-- mi dispiace non ho soldi, non ho portato niente con me, e allungò una mano per prendere la stecca delle sigarette che le apparteneva . --La sceneggiata sta durando più del dovuto -- pensò liz che aveva capito che era solo una questione di dollari – Se devo pagare, non fatemi perdere tempo, il mio aereo sta partendo e mio marito mi sta aspettando. Se mi affretto e mi indicate l'uscita, posso tornare con i soldi. ---

Intanto alle sue spalle si aprì la porta a vetri che dava direttamente in strada, all'esterno dell'aeroporto.

Entrò un altro agente, alto e corpulento, con il basco azzurro e gli occhiali da sole, e forse con l'autorevolezza del grado, gesticolando sbraitava e gridava in swahili, ma che le ispirò fiducia malgrado gli altri agenti ne sembrassero intimoriti, forse era un loro superiore pensò Lei. Dopo un tempo che parve interminabile , l'uomo le rivolse il suo sguardo accigliato , mentre lei mandando al diavolo le sigarette, aveva cominciato a indietreggiare , nella speranza di raggiungere, attraverso il percorso fatto con la poliziotta, la sala d'attesa dove Tom e i bambini la stavano aspettando sicuramente preoccupati del suo ritardo. Ma l'ultimo arrivato senza neanche salutarla, chiese con aria imperiosa stendendo la mano verso di lei:

passaporto! -- con un batticuore da infarto, Liz si rese conto di non averlo con se e di essere tornata in territorio keniota senza alcun documento: il panico l'assalì perché pensò che il suo passaporto, lasciato a Tom provava che era partita. Tentò di spiegare quella stranissima situazione.

- Non ha documenti ? e allora come ha fatto ad entrare qui? E da quale paese viene? Tagliò corto il poliziotto, Liz intimidita rispose cercando di ammorbidirne i modi: -- Sono americana, mi chiamo Elizabeth Browining, -- sforzandosi di sorridere per sdrammatizzare --------non ho il passaporto, qui con me voglio dire, perché mi ha accompagnato lei !– e si voltò cercando con gli occhi la poliziotta che nel frattempo si era dileguata. I tre agenti in disaccordo sul regolamento da applicare l'avevano circondata, e Liz decise che era arrivato il momento di reagire.

--Perché mi trattate come una criminale ,eh? Sono una turista e voi siete degli idioti! Cosa volete da me? Dov'è il problema? Soldi? non ne ho! Fatemi uscire da questo posto, mi farete perdere l'aereo!! Stupidi idioti! Gridava guardandoli in faccia uno per uno

--Signora, lei si sta mettendo in un grosso guaio -- gli sibilò davanti alla faccia il poliziotto, che prendendola per un braccio la trascinò fuori dalla porta, in strada.—Mi lasci!! Gridava Liz, -- ma dove mi sta portando!? Sono una cittadina americana! Mi lasci ! – in preda al panico si divincolava dalla stretta –Il poliziotto le avvicinò con la faccia e scuotendola le sibilò all'orecchio: --signora, ringrazi il suo Presidente se non la sbatto in galera—e chiudendole la porta in faccia, la spinse fuori dall'aeroporto lasciandola a strepitare da sola.


 


 

Tom, spazientito,voleva andare a cercare sua moglie, ma non poteva allontanarsi a causa dei bambini che ora chiedevano della mamma . Cominciava a preoccuparsi seriamente, dato che stavano iniziando a imbarcare sul loro volo e tutti i passeggeri si erano accalcati davanti all'uscita per l'imbarco, ma Liz non tornava. Si alzò in piedi sulla sedia per vedere al di sopra di quel mare di gente con un brutto presentimento.


 

Fuori dall'aeroporto, Mbawi, Edhi e kiwi, che nel frattempo si erano procurati divise e documenti da poliziotti kenioti senza incontrare difficoltà, erano alla ricerca della loro vittima e stavano guardandosi intorno quando la loro attenzione tutta dedicata al sesso femminile che abbondava , fu attratta dalla voce di Liz: E ora?-- diceva la turista guardandosi intorno e battendo i piedi colma di rabbia --- Come faccio a ritornare alle partenze?-- -- in che casino mi trovo! Devo farmi prestare un telefono per chiamare Tom, -- pensò guardando assorta i turisti in arrivo. Era la donna più bella che avessero mai visto. Alta come un uomo, con occhi celesti, lunghi capelli lisci e biondi, con addosso un paio di pantaloncini e una maglietta corta e semplice, le gambe lunghe e lucide di olio di cocco splendenti al sole. Mbawi e gli altri due non ebbero bisogno di consultarsi, bastò uno sguardo e decisero immediatamente di intervenire, la situazione sembrava fatta apposta per loro.

--Sono il comandante del distretto di Amala, cosa succede Signora ? possiamo aiutarla? – Si presentò mbawi, mentendo ma impersonando la parte con tale convinzione che riusci ad ingannare Liz che era disperata.


 

Tom guardava l'orologio, era passata più di mezz'ora e adesso anche i bambini chiedevano con aria preoccupata – papà, dov'è la mamma? Io sono stanca e mi annoio, voglio andare a casa! -- -- Anch'io, anch'io mi annoio!-- piagnucolò Clive. Tom, nel panico più totale cercava però di rassicurare i bambini – state buoni ,la mamma sta arrivando,vado un attimo da quel signore vestito di blu—disse indicando l'impiegato all'imbarco – e quando torno vi compro il gelato va bene?—loro annuirono interdetti. Tom chiese al suo vicino di sedia di dare un'occhiata ai bambini e corse dall'impiegato all'imbarco dicendo con voce agitata: --Per favore, può fare un annuncio per mia moglie? È andata mezz'ora fa alla dogana e non è ancora tornata. Sono seriamente preoccupato-- disse toccandosi nervosamente l'orologio, -- avete già chiamato il volo , io ho i bambini seduti lì da soli-- disse mentre guardava i piccoli con le facce serie--- e non so come fare.---

--Stia tranquillo signore ,-- rispose l'uomo prendendo in mano con gesti svolazzanti un microfono,-- mi dica il nome della Signora….-- --Elizabeth Browning Donner-- rispose Tom con il respiro affrettato guardandosi intorno alla ricerca del volto della moglie. Di minuto in minuto dentro di lui cresceva la paura di non vederla tornare, mentre il nome di Liz riempiva l'aria di tutto l'aeroporto. Tom aveva le budella attorcigliate mentre pensava – E se non servisse a niente,che farò?-- quella dell'annuncio era la prima cosa che gli era venuta in mente, dettata dal panico , e per varie volte la chiamata dello Stuart con voce fredda e impersonale venne ripetuta, ma lei non poteva sentirla.

Ed ecco che Liz dandosi della stupida vedeva al rallentatore le immagini di se stessa cadere nel tranello tesole da mbawi poche ore prima a Mombasa.


 

Era ancora fuori dall'aeroporto e credeva che quella specie di tempesta in un bicchier d'acqua si fosse placata, poiché uno dei tre agenti informato da Liz del disguido le disse: --Ci scusi signora,è tutto risolto, la preghiamo di perdonarci. Prego da questa parte----Mbawi , si rivolgeva a Liz con un tono di voce gentile. Ma la falsità lo rendeva viscido e stucchevole e precedendola verso il lato meno affollato dell'edificio disse----passiamo da questa parte e in attimo sarà di nuovo al suo gate, la accompagneremo noi, così potrà mostrarci il suo passaporto, e potremo finalmente chiudere questo spiacevole incidente--- I tre avevano gli occhi fissi sul corpo di lei distante solo pochi passi e guardando le sue forme provavano l'orgoglio del cacciatore che ammira la preda rara appena catturata. ll momento era decisivo. Se la donna avesse avuto il tempo di strillare e attirare gente, e c'e ne era tanta solo dietro l'angolo, sarebbe stata la fine. Incontrollabile e imprevedibile fine pensava Mbawi.

Liz taceva. Non era affatto tranquilla e malgrado i tre agenti le stessero appiccicati come toppe sui pantaloncini, non era di quello che si preoccupava, così alta e bionda era abituata a certe pesanti attenzioni. Percepiva piuttosto un disagio o forse odio provenire dai poliziotti,era poco più di una sfuggente sensazione che la lambiva, ma al momento l'importante era affrettarsi. Voleva che quella assurda esperienza finisse, e non vedeva l'ora di raccontarla a Tom per scusarsi e giustificare il suo terribile ritardo. Mentre pensava quanto le dispiacesse lasciare l'Africa con quel brutto momento come ultimo ricordo, appena girato l'angolo della palazzina davanti a una jeep coperta di polvere, la mano di Mbawi che nascondeva un fazzoletto imbevuto di anestetico le piombò sulla bocca e un odore e un sapore acre e fortissimo le riempirono bocca e polmoni. I tre insultandola la assalirono cercando di immobilizzarla, mentre Il terrore folle della morte amplificava la sua forza e divincolandosi invano contro coloro che la trattenevano tentava di gridare, ma quella mano sembrava incollata sulla sua bocca ed ebbe la meglio su di lei che si accasciò priva di sensi nelle braccia dei suoi assalitori.

Uno di loro aprì il portellone posteriore del fuoristrada dove all'interno la robusta cassa in legno che era servita a trasportare un lanciagranate, attendeva già aperta. I Somali guardandosi intorno issarono e adagiarono Liz al suo interno, avevano avuto una fortuna sfacciata e con gesti veloci e sicuri Il capo del gruppo stappò con i denti una siringa già pronta tirata fuori dal taschino della divisa e conficcò l'ago nel braccio di Liz. Fino all'arrivo al campo la dose di narcotico l'avrebbe tenuta buona, aveva calcolato Mbawi. Chiusero la bara posizionando il coperchio coperto di fori di ventilazione che aderì perfettamente alla base e in fretta lasciarono la zona. Tutto era andato bene fino ad allora e l'operazione aveva richiesto pochi minuti. I tre uomini eccitati dalla situazione si sentivano simili a Dei e ridacchiavano soddisfatti per l'impresa appena compiuta. Con uno spirito di gruppo mai provato prima, lanciavano occhiate alla cassa che come un forziere conteneva il loro bottino. Si accesero una sigaretta e bevendo una birra pensarono alla faccia che avrebbero fatto Gothi e Haribo quando gli avrebbero mostrato quella bellezza che erano riusciti a catturare così facilmente.

Mombasa – kenia


 

Mentre Liz era ormai lontana dall'aeroporto,Tom Donner incredulo era seduto nell'ufficio della polizia aeroportuale,aveva i gomiti appoggiati al tavolo e scuoteva la testa che teneva fra le mani, ripetendo a se stesso:- non è possibile!E se fosse morta o fosse stata rapita? No! Non può essere successo veramente! E adesso cosa faccio? -- Abbassò lo sguardo sui bambini che gli sedevano accanto impauriti non sapendo cosa stesse succedendo.—Dio mio, non è possibile -- pensò Tom che poco prima aveva controllato tutto l'aeroporto spingendo un carrello per i bagagli dove aveva sistemato Meggy e Clive, mentre la paura aveva reso le sue gambe molli come gelatina. Chiamando sua moglie come un invasato era entrato nelle toilette pensando che forse liz si fosse sentita male e aveva chiesto di lei agli inservienti mostrando la foto sul telefono. Ma nessuno l'aveva vista: neanche all'ufficio della dogana, dove battendo sul vetro dello sportello al pubblico come una furia --mia moglie è venuta a ritirare un pacchetto?Ricorda? L'ha vista?-- l'unico agente che svogliatamente aveva osservato l'immagine per un tempo che gli sembrò infinito Alla fine, decise fosse meglio negare --- no, signore mi dispiace, non l'ho vista-- -- In tutto l'aeroporto era stato dato l'allarme e l' edificio era stato controllato a tappeto da agenti che impugnavano gli sfollagente come mazze da baseball . Liz era svanita nel nulla.

Il loro aereo era ormai decollato, e quello che era rimasto della famiglia Donner era stato portato in una stanzetta squallida. Tom seduto ad una seggiola da scolaretto cercava di ragionare.—Se Liz è ancora qui, dovete trovarla, dovete smontare questo aeroporto pezzo per pezzo. Non può essersi allontanata da sola. Senza documenti come ha fatto ? Mi dia una spiegazione.

--Signor Donner mi rendo conto della gravità della cosa, ma sul passaporto c'è il timbro del visto di uscita della signora Elizabeth browning Donner e le sembrerà assurdo, ma ufficialmente, lo stato del kenia non ha responsabilità per quanto riguarda la sua scomparsa, diciamo, temporanea. Noi comunque faremo tutte le ricerche necessarie ---. Tom attonito guardava l'uomo senza ascoltarlo veramente, era una situazione assurda, nessuna delle persone con cui aveva parlato sembrava in grado di fare qualcosa di concreto, e lui si domandava a chi potesse chiedere aiuto, ma il poliziotto fissandolo da dietro spesse lenti da vista gli stava parlando schiarendosi la voce per l'imbarazzo:

Signor Donner, mi scusi ma devo chiederle …---

Tom prestò più attenzione

---Pensavo, Signor Donner, badi bene è solo un'ipotesi, è sicuro che sua moglie non si sia allontanata volontariamente? che so, forse per vedere un amico, qualche conoscente … ---

Tom scattò in piedi facendo cadere la sedia all'indietro mentre cercava di sferrare un cazzotto in faccia all'agente che si piegò di fianco schivandolo,

--brutto bastardo, come ti permetti,di chi pensi di parlare! Capisci che mia moglie è stata portata via? Non solo! —disse Tom a denti stretti, che adesso ripensava alla superficialità con cui , lui e liz avevano sottovalutato le norme di sicurezza consigliate ai cittadini americani in Kenia. Paonazzo dalla rabbia disse— Se così fosse, i rapitori dovevano avere i loro contatti all'interno dell'aeroporto—e aggiunse -- per non fare ipotesi peggiori –Ora basta!—disse gridando-- chiamate l'ambasciata americana. Subito!

I bambini spaventati, si misero a piangere e strillare,mentre il poliziotto pensava seriamente di accusare di qualche reato l'americano arrogante per buttarlo in cella.-- Avrebbe imparato un po' d'umiltà.-- Tom sconvolto gridava--voglio parlare con l'Ambasciatore-- --- I suoi nervi stavano cedendo e i bambini vedendolo in quello stato lo abbracciarono piangendo con lui. L'Ambasciata Americana lo contattò e vista la gravità della situazione, avrebbe inviato un addetto e attivato le procedure previste dal caso, gli avevano brevemente detto.

Si era fatto buio. Per lui e i bambini era inutile rimanere ancora in aeroporto . Dopo aver firmato la denuncia di scomparsa di Liz e lasciato all'agente di polizia il suo numero di telefono portò i bagagli al deposito dell'aeroporto, ma prima di consegnarli all'addetto, con una tristezza infinita cercò qualche indumento pulito in mezzo alla biancheria e agli abiti di Liz, che richiuse nelle valigie con nostalgia e un senso di impotenza e di rabbia che dovette reprimere,perché se avesse dato retta al suo istinto avrebbe spaccato tutto quello che si trovava sotto mano. Prese in braccio Clive e Meggy che Liz e lui avevano cercato invano di proteggere dalla malvagità degli adulti che li aveva colpiti , in ciò che ogni bambino ritiene quasi indivisibile da se stesso: la propria mamma. E l'unica cosa che Tom potesse fare in quel momento era trasmettergli amore, il suo e di liz.


 


 

L' Hilton dove stavano entrando aveva le porte girevoli opache delle centinaia impronte che risalivano probabilmente a tempi migliori, poiché al momento l'albergo sembrava deserto e ad accogliere gli ospiti c'era solo un vago odore stantio di cucina e un rumore di stoviglie provenienti dal piano interrato. Tom mentre aspettava che alla reception apparisse qualcuno, fissava la carta da parati sporca e cadente visibile nonostante le luci basse che cercavano di risparmiare ulteriore vergogna al direttore. Ma a lui non importava, voleva solo qualcosa da far mangiare ai bambini e un letto dove avrebbero dormito tutti e tre abbracciandosi stretti nella speranza di avere buone notizie al più presto. La camera era nello stesso stato cadente della hall ma in più aveva copriletto e pareti tappezzati di grandi fiori gialli e rossi che mettevano a dura prova il senso dell'equilibrio. Con l'umore finito sotto le scarpe, si sdraiò sul letto accanto a clive e meggy , e cercando di sostenere il loro sguardo che sembrava perforarlo da parte a parte, disse cercando di essere convincente:

---la mamma ha avuto problemi con i documenti,ma sta bene, state tranquilli. Le ho parlato al telefono, ha detto che tornerà prestissimo e che vi vuole tanto bene.--- Quella bugia detta con la voce rotta dall'emozione, gli pesava come un sasso, ma Meggy che non aveva motivo di dubitare delle sue parole gli chiese – cosa sono i documenti papà? -- sono dei fogli di carta sui quali è scritto come ti chiami e dove abiti, la mamma li ha perduti e adesso è andata in un ufficio che è un po' distante da qui , quindi gliene daranno degli altri per poter tornare a casa ---- papà—disse Clive,- quando domani torna la mamma non gli diciamo che ci hai permesso di mangiare tutte quelle schifezze, come le chiama lei, anche se a me le patatine fritte piacciono tanto e non mi sembrano per niente una schifezza —tom era intenerito dall'atmosfera di serenità che i suoi figli gli stavano regalando nonostante la situazione –e se rimanessi solo?, sarei in grado di prendermi cura di loro? Pensava, ma sorridendo disse — Già, anche a me piacciono. Domani, chiederemo alla mamma di rimanere a casa. ma una volta ogni tanto, badate bene!, , mentre noi tre, usciremo a mangiarci un po' di schifezze. Sono sicuro che a lei non dispiacerà.—


 


 


 


 


 

-- Al campo di Mbawi—

l'aeroporto di Mombasa si era già dimenticato di Liz Donner, che ancora non aveva ripreso conoscenza distesa e trasportata come un cadavere a bordo della jeep tra kenia e Somalia.

Ghoti , data la sua mole, sedeva rannicchiato sul sedile posteriore accanto a kiwi che sorvegliava la donna. Alzando gli occhi guardò nello specchietto l'immagine riflessa di Mbawi che guidava con aria sicura:-- per fortuna comandante sei stato previdente e avevi con te una bella scorta di dollari, da Mombasa a qui hai speso una fortuna!— la loro ammirazione per Mbawi che aveva il potere nel portafoglio era totale e adularlo faceva parte delle loro mansioni. Erano pagati anche per quello.. – ah! Avete visto? Le mazzette sono una buona soluzione in tutte le situazioni, non ci hanno fatto perdere neanche un minuto a quei posti di blocco e alla frontiera, è bastato allungargli qualche profumato biglietto verde per fargli chiudere un occhio a quei militari venduti. Dovrebbero vergognarsi di indossare una divisa,sono solo dei bastardi senza spina dorsale.— e sputò fuori dal finestrino la saliva resa verdastra dalle foglie di qat appallottolate all'interno della guancia che tutti e tre stavano succhiando. Kiwi rispose ridendo — chiudere un occhio comandante?, ma quelli erano diventati ciechi come talpe! Mbawi ripensando alla scena di distruzione del campo di kalama godeva più che durante una scopata, -- che soddisfazione ho provato ieri, quando abbiamo lanciato quelle granate sul campo di kalama! . Avrei pianto di gioia nel vedere quelle baracche saltare per aria,e quelle povere e patetiche capanne di fango? Bum! Sparite in un attimo!Avrei voglia di farlo in ogni sporco villaggio di questo paese di merda! Bum! Quegli sporchi , piagnucolosi, cacasotto ! Tutti spariti! che arma stupenda quel lanciagranate,dobbiamo fargli una buona pubblicità e cercare di piazzarne il maggior numero possibile.. --- capo?---disse kiwi sporgendosi versi di lui ---Hai visto che buche nel terreno abbiamo fatto ? Del campo dei guerriglieri non è rimasto in piedi neanche il cesso! e ora con questa qui — e indicò la cassa--- stiamo per dare il colpo di grazia a kalama!-- Il cervello di Mbawi , nonostante la droga funzionava a pieno regime, e rabbuiandosi in volto li avvertì --dobbiamo giocarcela bene questa carta, sappiate che in caso di fallimento non avrò pietà di voi, per cui state attenti a ciò che fate!--Dopo questa affermazione il silenzio della consapevolezza calò nell'abitacolo della jeep che sobbalzando sulla strada sterrata si avvicinava alla meta del viaggio. il coperchio della cassa si mosse

e Edhi guardando all'interno disse: ---mbawi , la donna si sta svegliando


 


 


 


 

--Tom a Mombasa—

I bambini erano tranquilli e abbastanza convinti dalla spiegazione si addormentarono in un attimo. Quando Tom fu sicuro del loro sonno si alzò e andò in bagno a lavarsi –devo cambiarmi almeno la maglietta- pensò. Aveva un aspetto tremendo. L'addetto inviato dall'ambasciata stava per arrivare e lui sperava con tutto se stesso che potesse aiutarlo. --Caro signor Donner---disse l'uomo dai capelli bianchi, distinto e corpulento che presentandosi gli stringeva la mano --,sono John Clancy, mi dispiace moltissimo per quanto le sta accadendo-- --grazie , il problema è che non so cosa mi sta accadendo —rispose Tom con un filo di voce abbassando la testa

-signor Donner- disse Clancy mentre cercava di far entrare nella avvolgente poltroncina di finta pelle rossa tutta la sua mole, - abbiamo già attivato tutti i nostri canali diplomatici, per indagare in collaborazione con il governo keniota sulla scomparsa della signora Donner anche se tecnicamente mi hanno informato che il visto la dà fuori dal kenia …..naturalmente in senso virtuale. In attesa di notizie, ho bisogno che lei mi faccia un quadro completo della situazione. Tom prima di allora non aveva mai provato una simile sensazione di impotenza, si sentiva come un cieco lasciato solo in un posto sconosciuto. -- Avete dei contenziosi in sospeso o magari avete avuto dei problemi durante il vostro soggiorno? Per caso sua moglie ha ricevuto delle attenzioni particolari da parte di qualcuno? Qualche lite con il personale dell'albergo o in qualche villaggio che avete visitato?Tom rispondeva con un no a tutte le domande.- Signor Donner, ci pensi bene, è molto importante anche il minimo particolare,anche ciò che le potrebbe sembrare trascurabile può avere la sua importanza. Intanto ripercorriamo insieme le ultime ore, non dobbiamo tralasciare niente. Dunque, mi faccia raccogliere le idee,- disse Tom cercando di concentrarsi sugli avvenimenti della mattina. Ecco, questa mattina per il rientro a Washington abbiamo messo le valigie fuori dal bungalow, dopo aver dato in giro un'ultima occhiata, sa per noi è sempre triste lasciare l'Africa, ci veniamo da anni e al momento della partenza, specialmente Elizabeth è triste come se dovesse lasciare un parente.--- ---Si, vi capisco, anch'io amo l'Africa, e per questo spero vivamente di rimanervi anche sotto la Presidenza Obama, comunque.. torniamo a stamani, avete fatto colazione? Incontrato qualcuno?--- --- Si , siamo andati al ristorante e Hamed, il cameriere che sapeva della nostra partenza è stato più gentile del solito, ci ha fatto trovare sul tavolo un commovente biglietto di saluti e dei sacchetti di frutta secca per i bambini. Lo so che spesso i dipendenti lo fanno solo per la mancia, ma Hamed mi sembrava sincero.-- -- Il villaggio Signor Donner è il Coconut vero? Mi ripeta il nome del cameriere…. veramente queste domande spetterebbero alla Polizia, ma lei ha visto in prima persona la loro inadeguatezza in tali situazioni-- –Conosco solo il nome, Hamed, ma porta al polso sinistro tre braccialetti di perline verdi rosse e nere..- Tom rispondeva di malavoglia alle domande che riteneva inutili al fine di ritrovare Liz ma non dovevano tralasciare niente. Dopo avergli riferito della loro amicizia con Heleni a cui Clancy sembrava particolarmente interessato, Tom si sentì in dovere di chiarire il loro rapporto. –Le premetto che Heleni può essere considerata al di sopra di ogni sospetto,Elizabeth ed io ci fidiamo ciecamente di Lei— Clancy interruppe Tom –signor Donner, non mi fraintenda, voglio solo sapere chi avete frequentato e chi conoscete qui, magari alcune persone, anche in buona fede, possono aver parlato di voi in ambienti, diciamo mal frequentati, dove qualche malvivente venendo a conoscenza , anche casualmente, del vostro programma di viaggio, potrebbe aver organizzato un rapimento ai fini di un riscatto, non possiamo permetterci di scartare aprioristicamente alcuna ipotesi, ne conviene?—

--Si, ne convengo --rispose Tom con la testa fra le mani mentre pensava – comunque vai a farti fottere anche tu, snob di merda!--- non mi rimane che chiamare Heleni e chiedere l'aiuto di Jeff.


 

tom cerca liz

Tom Donner aveva contato una per una tutte le ore della notte. Dopo le telefonate della sera precedente, si era sentito ancora più solo e aveva mentito ai suoi genitori e al padre di Liz,inventando un problema con la prenotazione del volo dopo aver promesso che sarebbero partiti appena possibile, Tom aveva telefonato anche al suo avvocato e amico Mike Colan.

--E' così Mike, mi senti? E' terribile Mike!, Liz è scomparsa!

--Cosa è successo a Liz? Dannazione Tom, cosa dici?Ti sento malissimo, la comunicazione fa schifo! --- disse Mike sistemandosi il nodo la cravatta davanti allo specchio. Nonostante fosse quasi settantenne, aveva un fisico imponente , pelle liscia e tanti capelli in testa che emanano un leggero odore di menta.

– Mike, siamo a Mombasa in Kenia--- disse Tom quasi urlando

--L'Africa è proprio un paese di merda! Adesso ti sento ..

Tom riuscì a raccontare cosa era successo mentre pensava – si, l'Africa è proprio un paese di merda.

ti prego mike, non farne parola con nessuno,è in gioco la vita di Liz

–Che vuoi dire Tom?- Che ti passa per la testa?- -- Non lo so, forse è meglio non fare tanto baccano, magari chi ha preso Liz potrebbe spaventarsi e….

--Tom, lascia fare me. Mi informo subito sulle leggi internazionali per questa storia del visto. Intanto contatto un senatore . E' una persona fidata ed è la persona giusta per noi. Capirai! , è da una vita che siede in Senato. Voglio sapere come muovermi lì, nel terzo mondo che voi amate tanto-- --Non vorrai chiamare Rufferson?— Chiese Tom saltando in piedi preoccupato -Certo, ha conoscenze in ogni angolo del mondo ..-- Tom sentiva scricchiolare il terreno sotto i suoi piedi-- Mike, non posso spiegarti il perché adesso, ma ti prego aspetta a metterlo in mezzo.—devo dissuaderlo dal chiamare rufferson. A tutti i costi.- pensò Tom che sudava come fosse in una sauna. – Lo sai Mike, quando si mette in mezzo la burocrazia diventa tutto più difficile. Cerchiamo prima di capire con chi abbiamo a che fare, non capisci Mike?—non voleva scoprirsi, né, innescare una polemica con l'amico --Purtroppo credo che qui, nel terzo mondo, come lo chiami tu, le cose vadano esattamente come da noi, comunque, grazie per l'aiuto. Ho un contatto con un agente della polizia locale per sapere se ci sono stati altri casi di rapimento di cittadini americani. lo sappiamo bene Mike che a causa della nostra politica estera l'antiamericanismo è alle stelle. --- era seduto su una sedia in corridoio e parlava passando continuamente la mano nei capelli. In quella terribile situazione Tom sentiva il bisogno anche di un aiuto morale, che purtroppo poche persone potevano dargli e ricordando che mike era un convinto repubblicano cercò di rimediare :

--Sono confuso non so quello che dico, mike, ti prego aiutami, mi sembra di impazzire! ma come è possibile, un attimo prima Liz era seduta accanto a me , e un attimo dopo svanisce nel nulla, nessuno che l'abbia vista o le abbia parlato. Ho dovuto insistere molto con la polizia per far chiamare anche gli ospedali, niente Mike. Di una turista, per di più americana non frega niente a nessuno, loro dicono che potrebbe essersi allontanata volontariamente, capisci che stronzata?

--Si fanno scudo del passaporto con il visto quei kenioti di merda! Ma ci penso io, e se loro non sanno come muoversi io so cosa fare, perdio!

Ah!, Tom ,voglio darti un consiglio. Non perdere tempo,ogni ora che passiamo senza agire concretamente aggrava la situazione. Torna a Washington ,cosa stai a fare laggiù solo come un cane in mezzo a quegli zulù?!, porta i bambini dai tuoi, e vieni in ufficio da me , vedrai che insieme troveremo chi ci potrà aiutare.

-Si, hai ragione-- disse tom, mentre si alzava per l'ennesima volta da quella sedia che sembrava infuocata. Stai tranquillo,tom. Disse mike-- vedrai che Liz tornerà sana e salva, ciao a domani

Ciao Mike e grazie.


 

Quando Heleni e Jeff arrivarono in albergo da Tom, lo trovarono in preda all'ansia che fumava una sigaretta, dopo anni di astinenza cedendo alla tensione aveva chiamato la reception per farsene portare un pacchetto. I tre sedettero in una specie di salottino di fronte alla camera dove i bambini stavano dormendo e poiché il piano dell'albergo era quasi tutto libero parlarono liberamente.

--allora Tom-- disse Jeff, mi sono informato al Comando. Al momento la situazione è questa, Tom ascoltava.


 


 

K a l a m a

I Gerriglieri della Liberazione e kalama, a mattino inoltrato si stavano inerpicando in salita rapidi come capre, evitando il sentiero tremolante per il calore. Il sole già alto nel cielo e la secca aria calda, non bastavano a giustificare il cuore in gola e le budella sottosopra che tutti gli uomini del gruppo, come colpiti da un virus avvertirono nello stesso momento. La sensazione che in loro assenza fosse successo qualcosa di terribile in quel posto al centro del nulla, che coraggiosamente chiamavano base, li aveva assaliti appena posati i piedi fuori dallo scassato furgoncino Mercedes che non aveva più l'agilità necessaria ad inerpicarsi sul pendio scosceso. Con il fiato mozzato si erano abbassati ad osservare le tracce di pneumatici, mentre il vento caldo, che spirava nella loro direzione entrava prepotente nelle narici portando puzzo di morte. Gli occhi scuri di tutti si rivolsero verso il capo– andiamo disse Kalama,- facendo cenno di seguirlo in silenzio—cercate di restare al coperto delle stoppie, potrebbero essere ancora qui. Pony, vedi se riesci a leggere le tracce--


 

Kalama, si guardò intorno. Il paesaggio gli sembrò quello di sempre: la stessa pianura bruciata dal sole, lo stesso letto di sassi sul lato est, dove neanche la polvere riusciva a resistere al vento che vi spirava e dove gli stessi alberi stavano rivolti con la faccia a ovest per proteggersi. Indifferenza, ecco cosa vedo intorno, pensò, Vita o morte, crudeltà o carità? a chi importa? Persino gli alberi in un posto così possono diventare egoisti.

Si mosse in silenzio verso pony che intravvedeva non molto distante da lui, mentre con il braccialetto di caucciù che teneva al polso destro si legava in una coda i capelli scuri e lisci che gli cadevano sul viso angoloso e sfilandosi la maglietta che poteva rimanere impigliata nei bassi anfratti che stava ispezionando scoprì il suo corpo di quarantenne scolpito dalla dura vita e dal poco cibo. La pelle scura e sudata del guerrigliero scottava più della mitraglietta nera che imbracciava e le scariche di adrenalina gli acuivano i sensi già all'erta. Ma sotto la rabbia guidava le sue azioni e la razionalità che faceva di lui un capo, percepiva la paura. Paura, che si era risvegliata non appena il suo cervello aveva catalogato gli odori del posto in cui si trovava come un pericolo, che scattò riportandolo indietro nel tempo, riportandolo in un altro villaggio, riportandolo dentro il corpo e nella mente di un bambino terrorizzato.

—Kalama!-, lo chiamò pony, con gli occhi ancora incollati sui segni lasciati nella polvere – sono andati via, le tracce dicono che la jeep è scesa da questa parte—

e indicò agli uomini disposti in cerchio dietro una grande roccia, i radi anfratti spezzati dal percorso a zig-zag della jeep sotto l'altura.

I guerriglieri ripresero a salire, senza più curarsi di restare nascosti, mentre l'odore acre di gomma bruciata si faceva sempre più forte.

Erano contenti fino a poco prima, quella mattina, tornando da Mogadiscio, paradossalmente, sentivano di aver fatto la cosa giusta. Gli era piaciuta la sensazione provata per aver restituito la libertà ai due operai italiani sequestrati giorni prima in nome della causa a cui dedicavano ogni giorno della loro vita. La lotta, in un primo tempo, nata e promossa dal governo fantoccio di Mogadiscio, era stata indirizzata verso altri Somali; banditi che rubavano, razziavano villaggi e bestiame, dicevano i burocrati. Erano stati i governativi ad armare Kalama e i Guerriglieri, e ad armare e autorizzare gli arrembaggi dei pirati che ora senza alcun controllo infestavano le acque del golfo di Aden. Ma erano soltanto manovre diversive di un governo disperatamente corrotto imbastite per distrarre dalla realtà alcuni coraggiosi cittadini che non volevano arrendersi a morire di inedia sotto la tirannia di ricchi e potenti, il cui vero scopo, era la svendita delle risorse energetiche somale alle compagnie petrolifere, compresa la vita del suo popolo. Il vuoto di potere che si era creato ormai da troppo tempo, stava per lasciare l'intera nazione nelle mani dei terroristi.

Come era già accaduto altre volte, gli ostaggi, non erano stati tenuti prigionieri nel campo che era troppo disagevole per gli europei . Solo una volta, ai tempi del primo sequestro, vi avevano nascosto un tecnico di origine olandese che soffrì terribilmente. Il caldo torrido ad ogni respiro gli aveva rapidamente bruciato le mucose di bocca e naso fino a spaccargli la pelle delicata come fosse terra arida, inoltre le condizioni igieniche gli provocarono un'infezione intestinale talmente grave da metterne a rischio la vita . A Kalama dispiacque molto aver fatto soffrire quell'omone bonario, che venne rilasciato prima del tempo insieme ad un mare di scuse. Da allora il campo era solo un ritrovo per organizzare e unire una popolazione sbandata e senza speranza. Chiunque, senza portare il fardello della propria etnia poteva andare lì per discutere,chiedere o dare aiuto. Gli ospiti invece, come li chiamava kalama, venivano tenuti in un vecchio barcone abbandonato da anni in un ramo del delta del fiume che si univa all'oceano solo nei periodi di piena.

Arrivati sulla cima dell'altura, gli si parò davanti un terrificante spettacolo. Sulla piana infuocata, dove anche le piante più resistenti e tenaci lottavano per la sopravvivenza, non c'era più traccia di vita. Al posto delle baracche e delle capanne di fango, c'erano solo voragini,buche immense, e fumo. Pezzi di lamiera erano stati scagliati ovunque dall'onda d'urto di armi potenti, e brandelli bruciati e sanguinolenti di corpi orribilmente straziati, aspettavano l'arrivo degli avvoltoi. Kalama aveva il volto contratto dal dolore e dalla rabbia.I lucidi capelli neri e lisci gocciolavano di sudore e rabbia, rabbia che rotolava sulle larghe spalle, sulla sua barba ridotta a un piccolo triangolo sul mento, e sui baffetti sottili che si ostinava a tenere curati anche in condizioni disagiate come quelle. kalama, che tutti i guerriglieri avevano voluto come loro capo, non aveva ritenuto necessario spostare la base in un posto più protetto,poiché non pensava di avere dei nemici che arrivassero ad avere tanta crudeltà. Si aggirava nel campo con la morte nel cuore e gli occhi solitamente luminosi, sgranati e rabbuiati, nonostante il sole a picco. Aveva dedicato la sua vita a quel progetto, trascurando la sua famiglia e il suo umile lavoro, scaricando le sue responsabilità di marito su quella forte e fragile moglie che non vedeva quasi mai. Da quel campo ,come fosse stato un seme nella terra, kalama cercava di far nascere una società civile. Mentre si guardava intorno sconvolto da tanta ferocia, cercava di capire quante persone avessero perso la vita , si sentiva responsabile della loro morte, in quel paese dove le persone morivano come mosche per epidemie, malnutrizione, attacchi di animali, per colpa sua , al conto si aggiungevano altre vite.

--è un disastro! È un disastro—piangeva, con le braccia aperte come ad abbracciare quel posto e il viso rivolto al cielo per ricacciare indietro rabbia e dolore. —qui, forse poteva nascere la speranza – si lasciò cadere sulla terra martoriata. -- per la prima volta qui mi sono sentito parte di un popolo, al di là delle etnie e interessi personali. Chi ha fatto questo non è solo mio nemico, è nemico della Somalia come Nazione. - Intanto gli uomini che lo accompagnavano cercavano di raccogliere quei poveri resti umani da mettere al sicuro almeno da morti.

kalama ---disse avvicinandosi a lui Pony , il suo uomo più fidato,chiamato cosi proprio per la sua corporatura bassa e tozza.

--quale arma può aver fatto tutto questo?, non ho mai visto niente del genere, non si è salvato niente, e soprattutto, chi è stato?--

-- Non lo so Pony--, rispose a bassa voce kalama.Non voleva aggiungere altro, sentiva che anche le parole ferivano quel posto,come la pelle di chi è bruciato , se solo sfiorata, anche dalla mano più lieve e amorevole fa urlare di dolore.

Kalama seduto sotto l'unico albero rimasto in vita, fissava il campo distrutto, facendo i conti con il senso di colpa che gli montava dentro. Pony dopo aver rimuginato per un po', gli si avvicinò ,pensando che al suo amico avrebbe fatto piacere sfogarsi con lui. Gli si accucciò accanto a testa bassa - kalama, non ho parole per dirti quanto mi dispiace. Mi domando se potremo mai costruire qualcosa di buono in questo paese--

– fino a poco fa ne ero fermamente convinto, ma ora non so che dirti---

– Dovrai stare ancora più attento, perché ho paura che dopo questo attacco,punteranno a prendersi la tua vita--.

- da quando sono nato ho scampato così tante volte alla morte, che mi sono convinto che sia un motivo preciso per cui sono ancora in vita. Non ho mai dimenticato la prima volta che la incontrai al mio villaggio …-- Kalama sentiva freddo e aveva la bocca asciutta mentre raccontava.

--Arrivarono di notte. Mio fratello ed io avevamo, non so esattamente, sei otto anni forse, e dormivamo nella capanna , noi con il nonno, e nostra madre, anche lei poco più di una bambina, tanto che sembrava nostra sorella, vicino al fuoco con la nonna. Aprii gli occhi dal sonno pesante quando ormai si erano già spalancate le porte dell'inferno. Urla e grida venivano da ogni parte, ricordo l'odore d'incendio nell'aria, e la faccia sconvolta di nostra madre che ci scuoteva gridando, ---scappate!, andate via, venite! presto, sono arrivati gli uomini della morte, vi porteranno via,-- Io la guardavo senza capire , il mio cuore ed il mio cervello stavano ancora dormendo . Quando i bagliori ed il fumo delle capanne vicine ci riscossero dal torpore era troppo tardi. Gli uomini, non saprei dire quanti, erano entrati, ed io e mio fratello Mbawi, ci ritrovammo incaprettati come animali. Ci portarono via sparando in ogni direzione tra grida e urla della gente del mio villaggio.

Poni ascoltava in silenzio kalama che rivedeva davanti a se quelle scene terribili ed il bambino che era ancora in lui cominciò a tremare di paura.

--Quasi tutti noi bambini del villaggio eravamo stati rapiti e stipati in camioncini che viaggiarono e ci sballottarono finchè non fece giorno. Avevo un gran freddo ed ero paralizzato dalla paura, tanto, che non ebbi il coraggio di aprire bocca per ore --Kalama era di nuovo lì, all'inferno. --cercavo delle risposte guardando nei volti dei miei compagni, ma intorno c'erano solo domande. Come adesso.--

Un triste corteo funebre con kalama e Pony in testa, lasciò per sempre il campo, e si diresse verso il fiume, al barcone; l'essere profughi era il loro destino.


 


 


 


 

Liz al campo di mbawi

La droga che avevano iniettato a Liz aveva esaurito il suo effetto, e lei per la seconda volta da quando era stata rapita si affacciò sulla realtà. Si sentiva debolissima e avvertiva un lieve tremore che le percorreva tutto il corpo. Aveva anche freddo e toccandosi con le mani tremanti si scoprì completamente bagnata di sudore. Spostò l'attenzione dal suo corpo a ciò che lo circondava, Vide nella penombra, forse del pomeriggio inoltrato, un uomo, che guardandola si alzava dallo sgabello su cui era seduto. Si avvicinò per assicurarsi che fosse sveglia e corse fuori dalla baracca gridando in una lingua sconosciuta. Poco dopo quattro uomini arrivarono veloci come i medici al capezzale del malato e rimasero incantati a guardarla. Liz percepiva con difficoltà di vivere nel presente, poiché nella sua testa i pensieri dell'incubo e dalla realtà ancora volavano liberi come farfalle, ma razionalmente era decisa a tenere sotto controllo il terrore che la trafiggeva come una spada.

Puntellandosi sui gomiti aiutò il suo corpo indolenzito a mettersi seduto sul pagliericcio, mentre la moltitudine di domande che in attesa di risposta si affollavano dentro di lei uscirono tutte insieme:


 

---chi siete?, cosa è successo?, mi sono sentita male? E guardandosi ancora intorno domandò --perché mi avete portata qui?, dove siamo,qui non siamo all''aeroporto!, mio marito , i miei bambini, anche loro sono qui? Come stanno, dove sono? E cominciò a piangere mentre il tremore aumentava.

Mbawi le rispose--- - calma!, calma! ,quante domande! noi siamo i Guerriglieri della liberazione somala io mi chiamo kalama,--- disse Mbawi mentendo mentre un sorrisetto furbo si affacciava sulla faccia degli uomini,-- lei è stata rapita a scopo dimostrativo, ma stia tranquilla non le faremo del male,vogliamo solo far sapere al mondo della nostra lotta, tra qualche giorno la rilasceremo, lei stia buona e si comporti bene, per quanto riguarda i suoi familiari, noi non ne sappiamo niente, ma staranno benissimo immagino.

liz prendendo coscienza della situazione gridò: avete sbagliato persona!, c'è stato un errore, che c'entro io con tutto questo?, lasciatemi andare vi prego !

con gli occhi scorse tutte le facce che la stavano guardando,-- vi prego lasciatemi andare,vi darò del denaro!, contattate i miei familiari vi pagheranno un riscatto . Come avete detto di chiamarvi? Guerriglieri della liberazione Somala?, ma dove siamo? oh mio dio!, Voi siete pazzi! Perché proprio io, perché? In questa terra di nessuno, dovunque sia, come faranno a trovarmi, non mi troveranno mai! -- - --- stia tranquilla e mi dica, ha mai sentito parlare del nostro gruppo nel suo paese?

Non lo so-rispose Liz che si sentiva ancora più confusa di prima- in questo momento non ricordo niente, può darsi.-- Si teneva la testa fra le mani pensando che la situazione era più grave di quanto potesse immaginare,---questi uomini non sono degli sbandati sprovveduti che si possono comprare con pochi dollari, sono dei veri banditi che hanno uno scopo preciso! — il pensiero quasi le impediva di respirare.

Va bene Elizabeth, si riposi ora, il nostro Gothi, rimarrà a farle compagnia, parleremo più tardi.

Gli uomini si alzarono e cominciarono a parlare una lingua che Liz non conosceva. Quattro di loro uscirono e uno rimase di guardia, si sedette silenzioso su un bidone e non le staccò più gli occhi di dosso.

Liz,aveva paura, ma l'aver saputo che né Tom nè i bambini erano coinvolti la fece stare meglio, si mise nei panni di Tom,e si domandò- da dove si iniziano le ricerche quando una persona viene rapita?-e in Africa come funzionano la polizia, la burocrazia, l'Ambasciata Americana? ,ma sopratutto sapranno che sono stata rapita ? oppure sarò soltanto un altro nome alla voce donne scomparse? -- tutte domande senza risposta. Improvvisamente alla sensazione di paura si aggiunse l'amara scoperta che il paese dei balocchi non esisteva. Come di fronte a un baratro si rese conto di non sapere niente di quel continente e della gente che lo abitava. La sua presunzione di occidentale le aveva fatto credere di conoscere quel paese solo perché lo visitava da turista una volta all'anno o perché si scambiava auguri e cartoline da distanze incommensurabili con un paio di suoi abitanti. Ora scopriva che l'Africa era anche altro. Dietro ai tramonti romantici, spiagge da sogno e gente sorridente, esistevano piaghe purulente lasciate a incancrenire da secoli di tacito consenso teso allo sfruttamento totale di quel continente, ma anche chi come lei pensava di amarlo era colpevole di non aver voluto vedere nel profondo, preferendo illudersi cantando canzoncine in swahili nei villaggi turistici protetti da guardie armate.

Guardò fuori dai vetri sporchi di una minuscola finestrina e vide calare le tenebre,il suo custode prese una lampada a gas e l'accese mentre le ombre proiettate intorno incombevano su di lei si rannicchiò in un angolo del materasso e tentò di nascondere i singhiozzi che la scuotevano. Come poteva l'africa,---si domandava-- il continente che lei amava tanto essere ridotta a questo per chiedere aiuto?.


 


 


 


 


 


 


 


 

LA MATTINA DOPO IN SOMALIA


 

Mbawi , nella baracca al centro del campo parlava agli altri. Li aveva riuniti e adesso che pendevano dalle sue labbra per sapere il seguito di quell'avventura appena cominciata, lanciava intorno a se occhiate minacciose ed ordini indiscutibili:

--ora arriva la parte più importante dell'operazione-- disse,-- dobbiamo registrare un video che dimostri il rapimento dell'americana, io e Ghoti abbiamo avuto una telecamera da Hans, per girare lo stesso tipo di video diffusa dei Guerriglieri. Cawi vai a prenderla, è sotto il sedile passeggero della jeep.

Vado, comandante,-- rispose Cawi uscendo

Gothi, riprese Mbawi-- tu che sai usare la telecamera girerai il filmato e lo porterai a Hans che ti aspetta al porto.Lui nel giro di un'ora lo farà avere alle agenzia di stampa e a quel punto lo saprà tutto il mondo.

Poichè Stigo era di guardia alla donna , solo Haribo era rimasto senza incarico a lui Mbawi disse:

Stigo, hai visto in tv i filmati di Kalama?--

--Si Comandante—

--Bene,il nostro video ed il loro devono sembrare gemelli. Cerca un telo nero e stendilo su una parete della baracca della prigioniera, in modo che faccia da sfondo a me e l'americana. Il posto ed io non dobbiamo essere riconoscibili nel filmato, per cui procurami anche un cappuccio nero e una camicia che kalama non mi abbia mai visto indossare. Vai e fai in fretta.— Haribo annuendo si precipitò a cercare il telo.

Mbawi continuò a parlare con Gothi , era l'unico rimasto con lui – Spero che quell'idiota di Haribo abbia capito, ha il cervello di un lombrico. – si attaccò alla bottiglia e bevve una lunga sorsata di vodka :

--sicuramente all'uscita della notizia del rapimento anche kalama e i guerriglieri varranno a saperlo, ma assolutamente non devono sospettare di noi, se scoprissero troppo presto chi si cela dietro al tranello che gli abbiamo teso, tutto il nostro piano andrebbe a farsi fottere— Mbawi non riusciva neanche a pensare a questa eventualità senza arrabbiarsi come un animale. Nel caso, aveva già previsto un piano di emergenza che gli avrebbe permesso di sfogare la rabbia: uccidere kalama.

-- certo comandante,-- rispose Gothi,--se scoprissero chi è stato a rapire la donna a loro nome, verrebbero a prenderla, per dimostrare che non sono stati loro a rapirla-- Mbawi rispose con aria di sfida - quel vigliacco di kalama è peggio di un coniglio, non avrà il coraggio di farlo mi teme troppo, in ogni caso le agenzie internazionali avranno già dato a loro la colpa del rapimento .

e della morte della donna aggiunse Gothi.

Esatto—confermò Mbawi-- quindi avranno un bel daffare a convincere il mondo e gli americani che non i colpevoli. Si! sarà davvero un bel problemino per kalama!—e ridendo uscirono dalla stanza per raggiungere l'improvvisato set cinematografico.

Nella baracca dove liz era tenuta prigioniera tutto era pronto. Lei guardava gli uomini preparare quella scena surreale, non capiva cosa stesse per succedere, neanche nei suoi incubi peggiori era mai arrivata a tanto. Entrò Mbawi che interruppe i suoi pensieri. La vista di quell'uomo che si avvicinava, la terrorizzava ancora di più se possibile, sussurrando parole incomprensibili con una mano seguiva il contorno del suo viso e del collo,

--Cara Elizabeth ci dica, cosa fa nel suo paese?, lei di cosa si occupa? dica a noi poveri scimmioni!, Così ci chiamate, vero? chi è, cosa è lei? noi siamo esseri inferiori, vero? Questo pensate? fa parte di qualche influente famiglia americana?

-Io no, non sono così- diceva mentre piangeva, - io amo l'Africa, vi sbagliate!, io non sono come pensate!

Liz non sapeva cosa fosse meglio rispondere, se dire una bugia per spaventarli, magari dire che era un personaggio importante, oppure dire la verità .Non sapeva se mostrarsi impaurita, terrorizzata, come di fatto era e chiedere pietà, oppure prendere una posizione nazionalistica e orgogliosa.

--Allora,? Rispondi!

Mbawi era stufo, quella donna era proprio come lui immaginava le occidentali. Le aveva viste in televisione e in Kenia. Tutte emancipate, libere. Guardavano chiunque dritto negli occhi con aria di sfida senza abbassare mai lo sguardo e andavano in giro mezze nude provocando gli uomini. E lei?, anche lei mostrava il suo corpo, sfidando le tradizioni del paese che la ospitava incurante della religione e delle persone che potevano sentirsene offese --quindi- pensò Mbawi –questa donna non è una vittima innocente, ma è anche lei colpevole. -

Colpevole di essere parte del lato del mondo, che da sempre incombe sull'altro. Concluse. E tanto bastò a riaccendere la rabbia. La strattonò in malo modo tirandola in piedi e spingendola a calci davanti alla telecamera mentre mettendo la mano sul lungo coltello che portava alla cintura , a denti stretti la avvertì:

--te lo chiedo per l'ultima volta brutta troia, chi cazzo sei nel tuo paese di merda?

Liz con tutto il coraggio che le rimaneva raccolse il fiato e disse,-- sono solo una qualsiasi turista americana -- il poco inglese che i somali conoscevano bastò a lasciarli delusi -- Io sono Elizabeth Browning e lavoro per un'agenzia discografica, sono sposata con Thomas Donner un assicuratore , ma. Ma. – Liz balbettava in cerca delle parole giuste - ma se può aiutare, me, si, ma anche voi, ecco, sappiate che mio marito può contattare esponenti del governo americano ,per aiutarvi. nella vostra lotta…– concluse, incerta su cosa fosse meglio dire. Mbawi era l'unico che parlasse inglese in modo decente e tradusse quanto aveva detto Liz, suscitando nel gruppo un perverso divertimento. Mentre la tratteneva per un braccio, mbawi si trovò così vicino alla sua bocca sensuale che suo malgrado sentì l'eccitazione esplodergli nel ventre. Si riscosse con rabbia e disse-- giriamo questo cazzo di video.---

Il capo si stava preparando come un attore mettendo della carta in bocca per falsare la voce e infilandosi una maglia rossa e cappuccio nero . Liz accanto a lui venne imbavagliata con uno straccio lurido .

Gothi accese un'ulteriore lampada vicino a Liz, per far vedere bene il suo volto,infine posizionata la telecamera disse:

-- quando vuoi capo. E' tutto pronto-- guardando nell'obbiettivo Mbawi si irrigidì come avrebbe fatto un vero guerrigliero , ma pensando che la mano sinistra potesse tradire la sua identità mostrando le quattro dita , le nascose sotto l'impugnatura del coltello che scendeva sul fianco sinistrò e ruotò il polso. - Sono pronto - disse , Gothi. Spinse il tasto della registrazione e la luce rossa della telecamera si accese.

Gli uomini muti, quasi senza respirare , assistevano ammirati: e Mbawi parlò usando le stesse parole di Kalama.

--Parlo a nome dei Guerriglieri della liberazione Somala. Rivendichiamo il rapimento di Elizabeth Browning Donner cittadina Americana,-- Mbawi dopo le prime parole si rilassò leggermente e disse ancora: -Questa è la lotta per il nostro paese , Questo rapimento è la conseguenza delle criminali politiche occidentali, indifferenti o complici di chi ruba le risorse del nostro paese, il pane per i nostri figli ridotti alla fame.—Elizabeth temette di svenire, respirava a fatica sotto il bavaglio, mentre stava in piedi accanto al terrorista : --Mi spareranno in testa—pensò –ora mi ammazzerà— e gli occhi azzurri dilatati dalla paura si riempirono di lacrime, calando un sipario liquido sullo spettacolo intorno. Aveva visto i terrificanti filmati di ostaggi uccisi in diretta –Oddio! aiuto! È meglio che mi uccidano subito. Non ce la faccio, ammazzatemi subito! Subito! Purchè finisca! Ho paura!, ho paura!, ho paura! ----Continueremo a prendere occidentali in ostaggio fino a quando le compagnie petrolifere non cesseranno di depredarci. Seguirà un altro comunicato--. La telecamera venne spenta, Mbawi si tolse il cappuccio e sputò la carta, mentre si libererava dalla vicinanza di liz con una spinta.

--fammi vedere --disse a Gothi, che mostrò la registrazione a tutti. Soddisfatti del risultato gli uomini riportarono i loro sguardi su Liz, che con i suoi capelli biondi li attirava come una calamita, solo Mbawi rimase concentrato sulla situazione prendendo a calci Gothi che sembrava caduto in trance. –Gothi!!--- gli sibilò a denti stretti -- Presto,porta la telecamera ad Hans.Quando sei al porto, cerca di sapere se kalama è stato alla sua base.

Vai anche da quel gruppo di invasati reazionari suoi amici, sempre in cerca di uomini per gli arrembaggi alle navi, ma non fare domande che possano insospettire qualcuno, ascolta e basta. Vai ora.---

Mbawi rimasto solo chiuse gli occhi in preda a una sensazione di effervescenza simile all'orgasmo , dettato dalla vendetta:

Kalama,non ti voglio uccidere. Ti voglio umiliare. Ti voglio annientare


 

La mattina dopo il rapimento in Kenia-


 

La splendida mattina di sole illuminava Mombasa, dove Tom aspettava l'arrivo di Heleni per affidarle i bambini.

Gli era sembrata una pazzia lasciarli anche per poche ore, ma Jeff gli aveva assicurato che i bambini ed Heleni sarebbero stati scortati da un'auto con due agenti di cui si fidava ciecamente. – Stai tranquillo Tom, tutti conoscono mia madre e me, dovunque andranno i tuoi bambini saranno protetti. Gli ospiti sono sacri da noi—

-Va bene Jeff, ma dove andranno?—

--Oh, mia madre li porterà qui vicino, da una mia cugina che ha messo in piedi una specie di zoo per turisti—


 


 

Purtroppo, la sera precedente Jeff non gli aveva detto niente di concreto, dato che le elezioni governative erano prossime e nel paese c'era molto nervosismo. Quindi, gli aveva spiegato Jeff, anche gli agenti prima di esporsi personalmente in casi di interesse internazionale, preferivano ricevere ordini dall'alto prima di muovere anche un solo muscolo.

Tom e i bambini erano fermi in strada all'angolo dell'albergo quando videro arrivare uno sgangherato taxi, seguito da un'auto della polizia, come aveva promesso Jeff. Heleni seduta sul sedile posteriore agitava il braccio fuori dal finestrino come la coda un cane scodinzolante, volendo portare un po' di buonumore a quei bambini che vivevano un'esperienza così terribile. Il taxi si fermò davanti a loro e lei aprì la portiera cinguettando:

Buongiorno Meggy buongiorno Clive come siete belli stamattina. Ciao tom come stai? e alzò gli occhi verso di lui. Tom le restituì un sorriso tirato e sfilando gli occhiali da sole mostrò i suoi occhi stanchi e arrossati:

Sto bene grazie --- disse aiutando i bambini a salire sul taxi –Heleni, come potrò sdebitarmi per tutto quello che stai facendo per noi? Heleni non rispose. Era imbarazzata, ma sinceramente affezionata alla coppia americana,e non trovando una risposta appropriata alla domanda di Tom, si rivolse ai bambini --- sapete dove andiamo?-- Nooo,-- risposero in coro Meggy e Clive

Heleni rispose canticchiando: andiamo a trovare mary la tartaruga più grande del mondo!,potrete sederle sul dorso e lei vi porterà a passeggio!- - Si! Si! Andiamo, ciao papà!-- dissero i bambini saltellando sul sedile del taxi. Tom li salutò, pagando l'autista per l'intera giornata e si diresse verso l'auto della polizia --- Grazie di tutto ragazzi – disse Tom rivolgendosi ai due agenti mentre conoscendo gli usi del posto infilava due biglietti da cento dollari nella mano del poliziotto alla guida – Dovere, Signore – risposero ripartendo dietro al taxi.

Rimasto solo, Tom si incamminò verso il bar dove aveva appuntamento con Jeff poiché Il posto era abbastanza vicino da raggiungere a piedi . Ora non era più un turista il cui obiettivo era abbronzarsi e rilassarsi in uno dei tanti villaggi turistici della costa africana, era un uomo straniero, solo e disperato in una terra che non conosceva e che tentava di capire immergendosi nella quotidianità di Mombasa dove la strada era la vita per la sua gente. Il tempo che si era dato per trovare qualche traccia lasciata da Liz, scorreva veloce come sabbia tra le dita ,-- ma forse qui il tempo scorre ad un'altra velocità ,si chiese Tom guardando i marciapiedi ingombri di immondizia ed i bambini che giocavano a pallone schivando alti cumuli di rifiuti puzzolenti come fossero avversari. Giocando i bambini si diressero verso Tom e numerosi come uno sciame di cavallette lo circondarono di occhi scuri e vellutati in cui era già scritto il loro destino . Tom era sconvolto, non aveva mai visto prima tanti bambini storpi. Trascinavano l'arto colpito dalla polio come fosse un'appendice inerte ma tuttavia di nessun fastidio, portata senza vergogna come fosse naturale e inevitabile per loro lasciare una scia del proprio passaggio sul terreno polveroso come un bastone scrive sulla sabbia. Da uomo occidentale e benestante si sentì in colpa; il confronto con i propri figli era inevitabile e impietoso. Decise , sull'onda dell'emozione, che in seguito sarebbe tornato per aiutarli. Insieme a Liz naturalmente, perché era certo che l'avrebbe trovata.

Anche i cani,ora che era si sentiva così vulnerabile, gli fecero tenerezza. Senza un padrone, senza cibo erano l'ultimo anello della catena di esseri che cercavano di sopravvivere. A branchi, i randagi segnavano il territorio pisciando a ogni angolo, sia che fosse muro, sedia o gamba di tavolo,sporchi e denutriti con il muso a terra, seguendo tracce invisibili perlustravano il terreno cercando qualcosa da mangiare tra i piedi delle donne, che vestite di mille colori, li scacciavano in malo modo impegnate a tenere in equilibrio sulla testa ceste piene di pane fumoso o di biancheria da stendere . Le loro mani, appoggiate sui fianchi prosperosi ricordarono a Tom la siluette di un'anfora con i manici e quando gli passarono vicino parlando tra loro a voce alta quasi cantassero in una lingua melodiosa , salutavano ridendo; forse degli uomini che guardavano stare seduti, pareva da tempo immemorabile, a tavolini polverosi e sporchi che ricambiavano i saluti senza entusiasmo bevendo the da bicchieri opachi. A tutta questa varia umanità, Tom mostrava la foto di Liz mentre chiedeva ancora pieno di speranza:

--avete visto questa donna ? è mia moglie. E' scomparsa ieri all'aeroporto -- la risposta accompagnata da sguardi dispiaciuti era sempre la stessa:

no ,non l'ho vista.

Tom attraversò di corsa la strada per evitare le auto antidiluviane che sfrecciavano a folle velocità emettendo dense nuvole di gas dalle marmitte sfondate, ma scrutava tutte le auto e le persone che incrociava in cerca di un segno della presenza di liz, mentre la paura che l'avessero portata lontana da lì gli scavava nello stomaco una galleria sempre più profonda. Il saluto di Jeff Kiptanui si perse nell'aria sopraffatto dai colpi ritmati dei clacson che gli automobilisti suonavano come elementi di un orchestra.

I due uomini si allontanarono da quella confusione, e il rumore li abbandonò pian piano mentre si inoltravano in una zona di bidonville, dove case mai finite, fatte di mattoni crudi formavano dedali di stradine polverose e tutte uguali. In quel labirinto alcune persone si affacciavano curiose dalle loro case buie a guardare quella strana coppia: un poliziotto e un bianco che si avventuravano in quel territorio senza legge. Polli e galline colorate si rincorrevano nelle stradine che avevano percorso e finivano in uno spiazzo dove due alberi rinsecchiti fungevano da guardiani a tre muli legati ai loro tronchi. Poco lontano la carcassa di un' auto spogliata di ogni cosa che avesse un valore commerciale ospitava tre persone che stavano ascoltando la musica proveniente da un'enorme radio appoggiata sul cofano della macchina che una volta doveva essere rosso. Gli uomini stavano masticando foglie di qat, la droga locale, mentre bevevano birra. I loro sguardi inebetiti incrociarono quello di jeff che disse a Tom:

--lascia parlare me, io li conosco --

--allora ragazzi--- li apostrofò jeff appoggiandosi alla carrozzeria e infilando la testa nell'abitacolo

--come ve la passate? State facendo i bravi, vero? devo farvi qualche domanda--

disse mentre Tom gli passava la foto di Liz

- sapete dirmi se qualcuno ha visto questa donna Americana? È scomparsa ieri all'aeroporto, ne sapete niente?--

uno dei tre prese la foto in mano guardandola, Tom sperò che la sua particolare attenzione portasse a qualcosa e il suo cuore accelerò i battiti, l'uomo con gli occhiali da sole seduto in macchina disse

--è una bella fica questa! mi dispiace non averla incontrata –

il telefono di Tom suonò.

Mentre parlava al telefono, prese jeff per una manica allontanandolo da quei tre ceffi ,quando riattaccò l'americano disse:

--era l'ambasciata. C'è stato un comunicato in tv:-- Liz è stata rapita dai guerriglieri somali.


 


 

Capitolo…


 

Kalama, Pony e gli altri fedelissimi, avevano vissuto una delle loro peggiori giornate e gli sarebbe servito parecchio tempo per catalogare come ricordo la distruzione del campo ed il dolore provato per la perdita di due compagni. Con la pesantezza della sconfitta i guerriglieri ormai rassegnati all'idea di doversi difendere da un nemico, fermato il malconcio ma preziosissimo furgoncino sull'unico spiazzo di terreno solido e asciutto poco distante dal barcone , si accinsero a controllare la zona: non volevano altre sorprese.

La vegetazione, costeggiava tutto il fiume Uebi Scebeli, che tagliava obliquamente la regione, spiccando come una ferita verde su un territorio altrimenti arido per le scarse piogge. Alla fine del lungo viaggio, il fiume Uebi, terminava in rivoli e diramazioni del delta, dove era quasi impossibile orizzontarsi. Come fosse un labirinto, era disseminato di un'infinità di anse, che da lontano, ingannavano l'occhio apparendo simili a piccole spiagge, ma che in realtà erano insidiose sabbie mobili, in parte nascoste dalle mangrovie che ricoprivano gran parte delle rive basse. Il posto aveva anche un nome: la palude di Balli e Kalama che conosceva bene il posto, lo perlustrò tenendo il fucile imbracciato e l'orecchio teso al minimo rumore sospetto. I nervi a fior di pelle lo fecero sobbalzare quando dalle cime dei radi alberi di mirra alle sue spalle, come disturbate,si levarono improvvisamente in volo numerose fregate dal gozzo rosso scarlatto. Il capo somalo reagì rapidamente, ed era pronto a sparare, quando un cespuglio si mosse e una voce spaventata gridò: --kalama sono io , sono Ghiro, tuo nipote! – la voce stridula apparteneva ad un ragazzo di sedici anni, magro e lungo come un giunco, che uscì dal nascondiglio, grattandosi i ponfi delle numerose punture di zanzara , kalama sorpreso si rilassò abbassando l'arma : --Ghiro! hai rischiato di farti uccidere. Perché sei venuto qui e ti sei nascosto? ----Mi ha mandato la zia – rispose giustificandosi il ragazzo, mostrando mentre parlava i denti che sembravano buttati a caso dentro la bocca.

--ha saputo del campo--- -- come lo ha saputo Ghiro? Ti ha detto chi è stato?—Kalama si trovò a scuotere le spalle del ragazzo, preoccupato dalla reazione di Kalama, che lo guardava con occhi torbidi. —No, non lo so, mi ha detto solo che ci sono novità-- mentre parlava armeggiava con la mano destra nella tasca dei pantaloni vecchi e lisi ma puliti

-- ..e ha detto che devi guardare questa – gli porse una videocassetta, mentre accennava un sorriso ansioso.

Kalama lanciò ai suoi uomini un fischio che imitava il verso di un uccello, ma I somali che già avevano udito la voce di Ghiro, lo raggiunsero poco dopo.

- andiamo al barcone, questa maledetta giornata non è ancora finita.--- disse avviandosi rapidamente e mostrando la cassetta.

Il barcone, all'esterno aveva l'aspetto di essere abbandonato da tempo, ormai incagliato sul fondo sabbioso del fiume si poteva raggiungere soltanto usando un barchino che era stato nascosto in mezzo ai cespugli infestati dagli insetti. Conficcando nel fango un lungo palo che fungeva da remo gli uomini raggiunsero il loro ultimo rifugio. l'interno era stato sistemato con le poche risorse di cui disponevano , ma avevano un generatore, una cucina, un bagno funzionante e un televisore con videoregistratore, un'antenna parabolica era chiusa dentro un gavone e veniva usata solo dopo il calar del sole. Kalama impaziente si diresse immediatamente alla tv, inserì la cassetta e vide l'impensabile. Tutti insieme guardarono stupiti più volte il video : non potevano credere ai loro occhi.

kalama sussurrò rauco: --questa volta è la nostra fine—

gli uomini,in stato di agitazione, iniziarono a parlare tutti insieme, dando vita alle ipotesi più assurde. kalama zittì tutti con un gesto autoritario, mentre trattenendo il respiro diceva: - state zitti,fatemi ascoltare e rivedere con calma questo video.--- il nastro scorreva indietro con una lentezza insopportabile -- E' l'unica traccia che abbiamo per scoprire chi ci vuole distruggere, sicuramente sono gli stessi maledetti che hanno fatto saltare il campo.-- Si pose a pochi centimetri dallo schermo della tv , il volume era regolato al massimo, ma la voce dell'uomo inquadrato risultò distorta, diminuito il volume , capirono che era stata falsata , ma nessuno la riconobbe. Allora Kalama si inginocchiò davanti al videoregistratore, spingendo uno ad uno tutti i tasti anonimi, fino a quando ne trovò uno che faceva scorrere le immagini fotogramma per fotogramma . L'attenzione di tutti era concentrata sull'uomo incappucciato . Il vecchio televisore non permetteva una grande risoluzione, ma in un punto preciso della breve registrazione, Kalama notò che la mano dell'uomo si era impercettibilmente mossa, mostrando la mano con il dito indice mancante alla prima falange. Accigliato riguardò. Riguardò ancora. Si, era quasi sicuro. E chiese a Pony:

----guarda bene la mano sinistra, non ti sembra che gli manchi una parte di dito come a mbawi?-

--si, si—rispose sicuro Pony, avvicinandosi alla tv mentre guardava assorto: -- si vede bene. Per un attimo soltanto ma si vede. È quel maledetto di Mbawi!--

Kalama, di solito così pacato,non riuscì più a contenere la troppa rabbia accumulata, che esplose come un vetro infranto . Si voltò di scatto e un gesto violento della sua mano, sparecchiò in un solo colpo il tavolo ingombro di bicchieri e stoviglie sporche, che volarono ovunque, mentre con gli occhi rabbuiati era in cerca di altri oggetti da sacrificare: --Basta!—gridava agitato—basta!, quel maledetto mi perseguita,--- mentre parlava le vene del suo collo si erano gonfiate tanto che sembravano scoppiare

—non mi ha mai perdonato di non averlo seguito. Io lo sapevo che era un pazzo sanguinario, per questo le nostre strade si sono divise.-- Parlava più a se stesso che ai suoi uomini, intenti a guardarlo mentre annuivano con cenni della testa. Kalama continuò roco: Lui non sa cosa ho passato! Non sa, cosa ho dovuto subire per anni! Quando shariff mi scelse tra i ragazzi del campo, per portami a casa sua, lui rideva! Rideva di me!-- Kalama finalmente piangeva, vomitando tutti i soprusi che gli avevano fatto ingoiare. –ho dovuto subire quel lurido trafficante ingioiellato e le sue schifose violenze per sopravvivere— e raccontando, con un pinzo della maglietta si puliva a scatti le labbra esangui, come se shariff gli sporcasse ancora la bocca.—Non ne posso più di violenza! Di morte!Basta!, basta!— il silenzio che seguì, servì a Kalama per inseguire e riacchiappare il controllo di se stesso che si stava allontanando rapidamente. Si guardò intorno rendendosi conto in quell'istante di non essere solo, dal suo viso traspariva il timore di aver perduto il rispetto dei suoi compagni. ma pony comprensivo, ruppe il silenzio: --Kalama,non preoccuparti, tutti abbiamo un passato.--

--già, anche Mbawi ha un passato che non si è meritato, ingiusto e violento.-- Lo so bene. Ma appena si è liberato del ruolo di vittima, ha scelto di diventare carnefice.

Non voglio farmi giustizia da solo, ne ho avute di occasioni. Io, noi , lottiamo per uno Stato e sottolineò la parola Stato gridando—uno Stato che lo giudichi colpevole, non per vendetta ma per la Legge! ma quel momento non arriverà mai!

Facendo un lungo respiro riprese il controllo dicendo:

Se Mbawi uccide quella donna uccide la Somalia. Dobbiamo salvarla a tutti i costi, il nostro destino dipende dalla vita di quell' Americana.

Kalama girò intorno al tavolo e si avvicinò alla carta geografica della zona che occupava quasi tutta la parete della cabina. Fissando un punto preciso lo segnò con una matita,

---Pony –chiamò,-- devo andare al campo di Mbawi

mentre kalama parlava Poni pensava al rischio che stava per correre---- no Kalama, andrò io al campo, tu rimani qui .-

---Grazie amico mio, disse circondando con il braccio le spalle del basso ometto che lo guardava quasi imbarazzato. -appostati e scopri quanti sono quei bastardi e dove tengono prigioniera la donna. Parti subito, poni non abbiamo tempo, dobbiamo portarla via domani sera. – Kalama si passò le mani nei capelli neri pensando --Speriamo solo che Mbawi non la uccida prima.


 


 


 


 

LIZ


 

Liz era sola. Haribo appoggiato con la testa lunga e stretta alla lamiera montava di guardia fuori dalla baracca. Era uscito di sua iniziativa, perché non ne poteva più di stare li dentro a guardare le cosce della prigioniera senza poterle toccare . Avrebbe voluto saltare addosso e scoparsela, ma Mbawi aveva ordinato a tutti di non toccarla; il primo a farlo doveva essere lui. Disobbedire agli ordini , haribo lo sapeva, voleva dire rischiare la vita. Ma non era questo il deterrente che lo teneva lontano dalla donna, poiché lui, come gli altri ragazzi erano stati in qualche modo geneticamente modificati dalle guerre, dalla precarietà della vita e avevano sviluppato lo stesso stato d'animo di un prigioniero detenuto nel braccio della morte dove la vera pena è l'attesa, non la morte stessa. Il deterrente vero, era il rischio di non morire e perdere tutto; la paura di venire sacrificato in riti magici e torturato dagli spiriti cattivi che entrano nei corpi degli uomini, di poter perdere il riparo dove dormire, la sicurezza di mangiare tutti i giorni, i compagni con cui fare progetti e di perdere un surrogato della casa, della famiglia che aveva lasciato o non aveva mai avuto. Ma nel campo si avvertiva anche una certa eccitazione. Il comunicato trasmesso in tv, rendeva il gruppo protagonista delle cronache, padrone del destino di Liz e soprattutto di kalama .

All'interno della baracca il caldo puzzolente rendeva l'aria irrespirabile, ma Liz, anche se boccheggiante e legata per le caviglie alla branda ormai ridotta a una pozza di sudore, prestava la massima attenzione a ogni rumore per paura, non solo degli uomini. Le sembrava un sentimento mai provato l'amore che nutriva fino a pochi giorni prima per il mondo animale. Amore e rispetto, scevro dal senso utilitaristico così comune negli umani. Ora invece non le importava niente di tutti quei piccoli esseri che la assediavano e mentre teneva gli occhi ossessivamente fissi sui bordi della finestrina o puntati sul verde delle foglie che si animavano prendendo le sembianze di un pericoloso insetto, avrebbe voluto farne una strage. Allora spostava lo sguardo sul pavimento e quasi non riusciva a controllare il terrore che la prendeva al pensiero della carne viscida e fredda di un serpente velenoso infilato sotto la maglietta. Nei pochi momenti di libertà che la droga le lasciava, faceva tutto questo per non pensare ai suoi bambini. Preferiva concentrarsi sul presente anche se era terribile e inspiegabile, piuttosto che pensare a Meggy e Clive, pensarli piangenti mentre chiedevano di lei. Avevano bisogno di lei. Ripensava al loro odore, al contatto dei piccoli corpi morbidi -- No è troppo, troppo doloroso e incredibile. Impossibile. Voglio credere che non sia vero. Voglio credere che questo sia un incubo. I miei figli dormono nella loro stanza e tom è accanto a me. Tra poco mi sveglierò nel mio letto e tutto sarà finito—pensava con gli occhi chiusi in cerca di speranza e concentrata sui rumori prima che fossero portati via dalla marea interiore che stava tornando a lambirle la coscienza, lei svelta si riempiva le orecchie e i pensieri di cori e di versi lanciati da animali che non riconosceva .— Dall' intensità dei suoni, gli animali devono essere molto vicini. Troppo vicini-- pensò Liz, mentre fischi acuti uscivano dalle gole di uccelli che immaginò coperti di piume variopinte, confusi con le voci e con i rumori di passi - Forse- pensava liz- hanno una radio. Mi sembra di sentire una musica araba. Oddio, chissà dove mi trovo! Devo avvicinarmi alla porta per vedere cosa c'è intorno - ma ad ogni attimo sobbalzava e il cuore sparava il sangue nelle vene con tale violenza che le pulsavano le orecchie e le tempie pensando al capo che poteva piombarle addosso da un momento altro per violentarla o ucciderla, lo sentiva, ma per non impazzire ordinava alla sua mente di inventarsi la voce di Tom che veniva a salvarla.

Da quando era lì non aveva mai mangiato. Lo stomaco le borbottava in continuazione, come chiuso da un nodo lottava contro la nausea che la prendeva alla vista della ciotola che aveva davanti, colma di una zuppa puzzolente ricoperta di mosche e altri insetti. Ma aveva bevuto tutta l'acqua, nonostante avesse un odore di argilla ammuffita- -forse è di pozzo- aveva pensato Liz , ma la sete era troppa e non aveva resistito . Ora i crampi cominciavano a bucarle l'inguine spingendola a guardare con angoscia il bidone di latta che avevano buttato in un angolo specificando

--- bella bionda,questo per i bisogni della tua fichetta.


 


 

Liz , cercava di ricordare cosa sapesse a proposito dei guerriglieri, poiché era sicura di avere sentito parlare di loro. I notiziari ne avevano parlato qualche volta , ma lei non gli aveva prestato troppa attenzione. Credeva di ricordare che gli ostaggi venissero presi e poi rilasciati in una specie di routine che non prevedeva maltrattamenti o ancora peggio la morte, almeno non lo ricordava, anzi, ciò che sapeva avvalorava quanto le avevano detto anche i somali: --------stia tranquilla fra pochi giorni la libereremo-.

A casa si era fatta un'opinione quasi idealistica " dei guerriglieri" che ingenuamente assimilava a degli esotici eroi, degli inesistenti robin hood africani di altri tempi travisati dal suo immaginario anche a causa dalla lontananza culturale e geografica che divideva i due mondi ora in rotta di collisione, dove Liz si trovava a fare da cuscinetto. Si sentiva senza più un suo posto, confusa circa il ruolo e gli affetti che non erano più una certezza, sempre più appannati e strappati a brandelli dall'emicrania. Liz premendo le dita sulle tempie cercava di alleviare il dolore diventato uno spiedo rovente che le perforava l'orbita dell'occhio sinistro, infilato sempre più in profondità fin nei meandri delle circonvoluzioni del cervello, dove andava a stanare i pensieri e le paure che vi si erano rifugiati da anni, svegliando i ricordi dormienti ed eccitando le emozioni. Tutti i pensieri ora le ballavano davanti, ed erano tutti necessari, per fare di lei ciò che era e tutti ridicolmente inutili per poterla aiutare a vivere ancora. La nausea, compagna inseparabile dell'emicrania, le dette appena il tempo di girarsi su un lato prima di vomitare l' acquiccia collosa e densa di succhi gastrici che lo stomaco non sopportava più. –voglio morire- pensò Liz stremata.


 

Il torpore si alleviò quando sentì la voce del capo che si faceva sempre più forte e vicina. Si alzò per quanto poté dallo schifoso giaciglio e senza fare rumore appoggiò l'orecchio alla parete tenendo d'occhio la porta. Il capo stava parlando in tedesco, probabilmente al telefono e rideva:

--bene, si, è un piacere fare affari con te, sicuramente per il prossimo mese ci servirà un carico di mitragliette, ----silenzio, passi --- a proposito Hans grazie per il video, è stato trasmesso subito, vedremo cosa ne verrà fuori- di nuovo silenzio - si è vero, sembravo kalama in carne ed ossa. Sai, ho cercato di imitare il comunicato dei guerriglieri e di quel coglione di Kalama e ci sono riuscito eh! …---silenzio---ok----silenzio— ciao a presto.

Liz si rimise seduta, incrociò braccia e gambe e ad occhi chiusi cominciò a dondolarsi avanti e indietro piangendo, invocava suo padre e sua madre morta due anni prima. --è un incubo-- pensò,- devo svegliarmi-- il suo cervello si rifiutava di accettare quella situazione pazzesca. - lo sapevo! questi uomini non sono i guerriglieri, ma allora chi sono? Mitragliette ha detto. Sono terroristi. Perche mi hanno rapita?, sicuramente per chiedere un riscatto,..e il video allora a cosa serve ? e Tom l'avrà visto?,avrà chiesto aiuto ? Cosa faranno ? E perché il capo deve far credere di essere kalama? Oddio aiutami. Non capisco più niente!-- voleva gridare ma si trattenne, si mise una mano sulla bocca e la morse forte. forte. Voleva stordirsi con il dolore,non voleva dire ai rapitori che sapeva della loro messa in scena,non voleva dirgli che erano degli stupidi perché lei capiva e parlava il tedesco e li aveva smascherati, non poteva, sapeva che l'avrebbero uccisa subito. Respirò profondamente respingendo indietro il grido che le implose nel petto.


 


 

T O M

I due uomini erano seduti nel silenzioso ufficio dell'ambasciatore alla periferia di Nairobi, dove l'ambasciata si era trasferita in seguito ai gravi attentati terroristici degli anni 90. La stanza ampia e ariosa era arredata in stile coloniale, grandi finestre lasciavano entrare fiotti di luce e la leggera brezza dell'altipiano sembrava facesse gonfiare le tende bianche e leggere, ma per la sicurezza le finestre erano sbarrate e l'effetto brezza era dato dai condizionatori sapientemente nascosti che creavano un effetto naturale. Alla parete di fondo dello studio, un grande quadro dipinto con colori accesi rappresentava il Nairobi National Park con tutta la sua fauna al completo che distava solo nove kilometri da dove era appeso e incastonato in una pesante cornice finemente intagliata in legno di ebano che completava l'opera omaggio di un artista africano.

--Signor Donner,siamo spiacenti. E' la prima volta che i guerriglieri somali si spingono fino in kenia per fare ostaggi. Gli Stati Uniti non ritenevano che i somali sarebbero arrivati a tanto. Ma come lei saprà, Il kenia ultimamente è divenuto un paese a rischio per tutti i cittadini stranieri. La criminalità e i terroristi stanno cambiando questo paese, indubbiamente bellissimo, ma pericoloso da visitare, non solo per gli americani---mister Shellby pronunciando queste parole si accomodò meglio sulla poltrona di pelle dietro alla enorme scrivania e continuò:

--- siamo dispiaciuti in modo particolare adesso che negli Stati Uniti abbiamo un Presidente con origini Keniote. A nostro parere la signora Donner è stata sfortunatamente scelta per questo orrendo crimine non in base alla sua nazionalità, ma per un fortuito caso..

--Ne è sicuro? Cosa stanno combinando in Somalia i nostri? – E mi dica, cosa cambia se il rapimento era intenzionale o meno?—

Domandò Tom in uno stato di agitazione spaventosa interrompendo l'ambasciatore e sporgendosi versi di lui. L'aria sconvolta e i suoi occhi azzurri cerchiati sembravano ancor più infossati, gli abiti sudati e sgualciti e la barba lunga gli davano un'aria trasandata che lo faceva sentire a disagio nell' oasi di eleganza e di pace. Il silenzio di shallby che lasciava intendere non ci fossero novità, gli scavava una galleria nello stomaco, rendendogli insopportabile stare lì ad ascoltare le eventuali giustificazioni e congetture dell'ottusa burorocrazia. Tirò fuori un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni di lino e si asciugò le mani sudate:

Insomma – disse con impazienza -- in concreto, cosa intendete fare ?, sapete chi sia questo gruppo di guerriglieri?, si può organizzare una squadra per cercare e liberare mia moglie? sapete dove è base di questo gruppo, in kenia o in Somalia?-

-Signor Donner—riprese mister Shallby, mentre accarezzava distrattamente il coccodrillo- fermacarte sulla destra della scrivania-- abbiamo inoltrato un dossier completo a Washington,il Presidente Obama è molto attento a questi temi. Siamo in attesa di direttive. Le prometto che saremo tempestivi, abbiamo contattato anche il governo di unità nazionale somalo che si sta formando e per motivi di sicurezza è in esilio qui in kenia. Inoltre vari nostri agenti investigativi stanno battendo la zona, stia tranquillo non lasceremo niente di intentato---

e appoggiandosi con le mani alla scrivania si protese verso Tom dicendo—

-- in via ufficiosa signor Donner, i guerriglieri sono conosciuti dai servizi. I rapimenti sono il loro modo di battersi. Abbiamo informazioni per ritenere che questo gruppo non sia una banda di tagliagole, crediamo che sua moglie non sia in pericolo di vita. Ma stavolta hanno fatto due grossi errori; sono venuti in kenia e hanno rapito una cittadina Americana: la punizione sarà esemplare.—

Ma l'Ambasciatore sotto la diplomatica facciata, era perfettamente a conoscenza delle gravi ingiustizie imposte al popolo Somalo dallo strapotere americano.

Tom non si sentì per niente sollevato. L'uomo che aveva di fronte sembrava un attore inglese e non gli ispirava alcuna fiducia. Pian piano cominciava a farsi strada in lui , l'idea che il rapimento avesse un disegno ben preciso,ma al momento non aveva alternative, doveva aggrapparsi a quando diceva.

--Mister Shallby,-- disse Tom,

--io devo rientrare momentaneamente a Washington, ho con me due bambini piccoli ed i miei genitori e il padre di mia moglie non sono in grado di affrontare un viaggio fin qui--

Capisco, una situazione veramente deprecabile, ma l'ambasciata in collaborazione con il dipartimento di stato avrebbe comunque disposto il vostro rientro.

Non è prudente restare qui, è previsto dal protocollo che partiate oggi stesso.

-- ma se permette ambasciatore, vorrei lasciarle il nome e telefono di un agente della polizia locale figlio di una nostra cara amica, magari potrebbe esserle utile.

Il Diplomatico gli porse un blocco con l'intestazione dell'Ambasciata Americana sul quale Tom scrisse il numero telefonico di Jeff e affidandosi alla sensibilità dell'ambasciatore disse -- mister Shallby siamo nelle sue mani.--

L'ambasciatore congedò Tom accompagnandolo fuori dall' ufficio affidandolo ad una addetta pallida come la luna—miss Floid, si occupi di Mr Donner i e dei suoi bambini. E rivolgendosi a Tom disse stringendogli la mano

--- a presto signor Donner le faremo sapere di qualsiasi sviluppo.

--- grazie .


 


 


 


 


 


 


 


 

Washington ore 22.30


 

L'uomo chino sulla scrivania, mostrava le spalle incurvate dai peccati alla porta di mogano dello studio. Senza curarsi di chiuderla si era seduto alla scrivania e con la solita eccitazione aveva estratto da uno scomparto segreto un quaderno nero che recava sulla copertina un numero romano: X.

Mr Rufferson abbassò lo sguardo sul cane che dormiva sul tappeto. Rebecca, ormai anziano esemplare di barbone gigante, era quanto gli rimaneva di sua moglie Nelly e sebbene Lionel Rufferson senatore dell'indiana non amasse i cani, considerava Rebecca insieme a sua figlia Loren ed a suo nipote Alain, gli unici esseri viventi assolutamente intoccabili.

Aprì il quaderno sfogliando le pagine già scritte con la sua grafia decisa ed elegante, come si conviene ad un senatore degli stati uniti, e compiacendo il bisogno impellente di mettere sulla carta i pensieri si lanciò quasi senza fiato nella scrittura.

--caro diario, questa frase infantile con cui ogni giorno inizio le mie riflessioni mi rassicura e mi aiuta alla fine delle giornate. Lo so, tenere un diario per un uomo nella mia posizione è pericoloso, ma non posso farne a meno. Travasare le colpe dalla mia coscienza a queste pagine mi permette di vivere senza colpa, o quasi, ed ho provato per molte sere a non farlo; evitando di passare vicino allo studio,ma poi, insonne, ritornavo sui miei passi dicendomi - Che diamine!Mi sono venduto anche l'anima, di mio non mi sono rimasti che i pensieri, e almeno di questi ne faccio ciò che voglio

- Oggi Il destino mi offre l'occasione di fare i conti con Tom Donner.

La situazione è delicatissima, ma devo sfruttare il rapimento della moglie per fargli pagare almeno in parte il male che ha fatto a mia figlia Loren, che ancora oggi soffre per averlo conosciuto.

Mi ha detto Lee Raimond, che il rapimento di Elizabeth donner in verità è stato organizzato da un gruppo di idioti somali che lavorano per Said Mahomad shariff, il nostro contatto in somalia e non dai guerriglieri della liberazione. Shariff, che ho incontrato anni fa , non è uno stupido, anzi è un personaggio molto scaltro e influente, per questo lo abbiamo nominato responsabile di una fondazione attraverso la quale distribuisce denaro dove serve,quindi, si potrebbe dire che i mandanti del rapimento siamo noi stessi.

Il senatore riflettendo ad alta voce si alzò versandosi uno scotch profumatissimo, mentre Rebecca seguiva i suoi movimenti.

--Adesso più che mai dobbiamo tenere sotto controllo i mezzi di informazione e soprattutto i parenti della donna rapita. Mi sembra di vederli. Si metteranno a strepitare davanti alle telecamere dalla mattina alla sera chiedendo di avere notizie dal dipartimento di stato. Ma questo rapimento a me e alla nostra exxon fa comodo, molto comodo.—disse ad alta voce ricominciando a scrivere.

Se la donna, che naturalmente dovremo sacrificare,apparirà all'opinione pubblica americana come una vittima del terrorismo, avremo il duplice vantaggio di toglierci dai piedi i guerriglieri , i cui continui sabotaggi agli impianti in Somalia ci costano una fortuna, e la strada spianata alle nuove zone di trivellazione. Basta lasciare che la vicenda segua il suo corso. Per il momento il Presidente Obama non sembra particolarmente interessato al caso, ma quell'uomo è inaffidabile e se si renderà necessario agiremo di conseguenza. Ci stiamo già attrezzando. Chiuse il quaderno con un gesto deciso mentre la sensazione di vuoto che percepiva fuori e dentro se stesso gli apparve abnorme, incolmabile.

Ora, fuori dalla villa adorna di colonne neoclassiche, il vento sferzava la cima degli alti alberi e le foglie trascinandosi sui vialetti che erano stati l'orgoglio della signora Rufferson sembravano velati di un nostalgico abbandono.

Lionel Rufferson pensò che potevano essere passati solo pochi giorni o magari mille anni da quando le pietre calcaree erano state ordinate in Italia, facendo aspettare un bel po'gli operai che dovevano posarle.


 


 


 

Mbawi e liz


 

Liz non poteva far altro che pensare. Era tutto il giorno che rimuginava intorno alle stesse cose. Il guardiano era rientrato nella baracca e con quella presenza che la fissava lei non riusciva nemmeno a chiudere gli occhi, anche se era sfinita dall'emicrania e con il corpo che le doleva per la lunga immobilità.

Lo stato confusionale le impediva di rendersi conto se fosse passato un minuto oppure un'ora, adesso era solo buio ; Si regolava con il ciclo del sole, come gli animali. ------Un animale predato o catturato in attesa della liberazione o della morte proverà le stesse sensazioni che sto provando io? Si chiedeva, poiché come un animale non si spiegava come e perché fosse iniziata quella follia. Solo il finale le era chiaro :l'avrebbero uccisa . Come la pallina di un flipper sbatteva contro le dure pareti delle ipotesi e con il senso di realtà affievolito dagli ormoni che il corpo umano rilascia sempre in gran quantità per impedire al cervello di andare in tilt durante gli avvenimenti traumatici, vagava con lo sguardo sulle pareti della baracca ch aveva imparato a memoria : Si posò prima sul custode, di cui ignorava tutto, anche il nome, poi sui vetri della finestrina alle sue spalle. Dietro ai vetri, Liz vide un volto scuro e un naso largo coperto di polvere bianca, gli occhi neri, piccoli e infossati quando si posarono su di lei si spalancarono spaventati e una mano con un segnale trascendente le lingue le intimò il silenzio. Un attimo dopo era sparito. Cercando di rimanere impassibile sotto lo sguardo di Cawi ,la donna guardò di nuovo la finestra; ma non c'era nessuno ora. Liz si domandò se quel viso non fosse frutto della sua fantasia; di sicuro non l'aveva mai visto prima . Un velo di ottimismo la avvolse per un breve attimo come una calda trapunta pensando che fossero venuti a liberarla e che ci fosse anche Tom, ma ripiombò nella disperazione pensando che poteva essere qualche altro componente di quel posto venuto a darle una sbirciatina-- devo fuggire— fu tutto quello che riuscì a pensare. Pur non sapendo dove fosse e a quali pericoli sarebbe andata incontro, era sicura che rimanendo lì sarebbe morta, anche se ancora i suoi rapitori non l'avevano neanche sfiorata, lei sentiva nell'aria qualcosa di incombente, un precipitare degli eventi che poteva avvenire in qualsiasi momento, come gli atleti pronti ai blocchi di partenza aspettano il colpo di pistola per scattare,intuiva che dopo il " via " gli uomini si sarebbero avventati su di lei e nessuno avrebbe potuto fermarli. Per questo non faceva domande e non si lamentava;aveva paura di irritarli accelerando i tempi che l'avrebbero portata verso la morte.


 


 


 


 

Tom a Washington d.c.

Non lontano dal centro della città, in un appartamento al secondo piano di una palazzina signorile,un uomo guardava il fiume dalla finestra del salotto e voltava le spalle a tre persone sconvolte sedute sul divano che stavano piangendo e scuotendo la testa ancora incredule.

I genitori di Tom, Peter e Amelie Donner e il padre di liz Abraham Browining avevano saputo del rapimento di Liz dal breve comunicato tv,e la notizia li aveva scioccati più che lo scoppio di una bomba sulla casa bianca distante pochi isolati. Con Tom lì davanti , solo e depresso, era anche peggio.

Si erano riuniti per decidere sul da farsi perche oltre che stare seduti a piangere e disperarsi, c'era da occuparsi di cose concrete : prima di tutto rivolgere la propria attenzione ai bambini. Meggy e Clive,erano tristi e svogliati, la mancanza di Liz li portava a piangere per ogni cosa, così Tom aveva stabilito che dal giorno successivo avrebbero ripreso a frequentare l'asilo, poiché era importante dare loro più serenità possibile, inoltre per il momento avrebbero abitato dai nonni paterni, nella casa dove c'era a disposizione la grande camera in cui il loro padre era cresciuto.

Tom ruppe il silenzio si voltò verso le tre persone fragili come trasparenti vasi di porcellana dicendo:

bene, stabilito che Meggy e Clive staranno qui,dobbiamo pensare ad agitare un po' le acque, e tramite Mike, il mio avvocato abbiamo preso accordi con un network che ci permetterà di fare un appello ai rapitori, prometterò loro del denaro. Accetteranno sicuramente: non ci sono motivi per cui non debbano farlo-. Andò a sedersi accanto al padre di Liz e lo rassicurò prendendogli la mano — stia tranquillo Abraham, a costo di andare a liberarla io stesso con un battaglione di uomini le riporterò Liz, sana e salva.

Grazie tom -- rispose Abraham –so quanto la ami— Tom fu trafitto da un dolore improvviso come la saetta di un fulmine che squarcia il cielo notturno e l'impulso di fuggire da tutte quelle responsabilità che le persone in quella casa avevano riposto in lui ebbe la meglio. Si alzò di scatto dal divano e congedandosi disse:-- Mamma, Papà, non so se potremo vederci questa sera. Vi chiamerò più tardi per tenervi aggiornati sulla situazione. Devo anche passare in ufficio perché voglio prendermi qualche giorno per seguire passo per passo questa catastrofe che ci ha colpiti - poi aggiunse vado a salutare Meggy e Clive----e si allontanò nascondendo le lacrime. Salutare i suoi figli era un altro dolore, li amava tantissimo e in loro, cosa che non aveva mai notato prima, ritrovava molto di Liz.

Uscì di casa distrutto, con l'angoscia nello stomaco che lo faceva camminare piegato; aveva freddo e brividi correvano lungo la sua schiena come se la mano della morte lo stesse toccando. Così quasi fuggendo salì di corsa in macchina e accese al massimo il riscaldamento mentre si guardava intorno cercando qualcuno che non era più lì.


 


 

Mike Colan


 


 

Questa targa ha bisogno di una lucidata, pensò l'uomo anziano vestito con un elegante cappotto di cachemir e valigetta in mano mentre leggeva la scritta incisa nell'ottone :< Colan & Colan avvocati studio associato >.

Mike Colan stava aspettando Tom in Princeton Avenue davanti al portone dello studio dove i due si vedevano spesso, poichè Mike, avvocato personale di Tom era anche uno dei legali della compagnia assicuratrice per cui lui lavorava. Si conoscevano da tempo e si stimavano, per questo Mike aveva contattato il senatore Rufferson: cosiderava Tom e Liz suoi figli adottivi.

Tom arrivò a bordo di un taxi aprì lo sportello e scherzando amaramente disse – mi scusi avvocato ha bisogno di un passaggio?

-Caro Tom! -disse Mike baciandolo sulla guancia, poiché tra loro le dimostrazioni di affetto erano un'abitudine

--- Non pensavo saresti venuto in taxi. Come mai? La tua auto è guasta?-- domandò salendo sul taxi

-- No Mike non è guasta – il suo viso ritornò serio --non la posso guidare quella macchina. Ora che non c'è Liz, mi sento a disagio, mi ricorda troppo lei, dentro ci sento ancora il suo profumo. Non so se mi capisci.

--Certo che ti capisco, stai passando un momento terribile, speriamo solo Liz sia trattata bene -- disse abbassando gli occhi sulla valigetta che teneva in grembo. Mike si rese conto che l'atmosfera si stava facendo pesante e per sdrammatizzare disse: ---quando tornerà faremo una grande festa,l'accoglieremo con tutti gli onori, voglio che siano presenti le massime autorità. Come se fosse un capo di stato,---e battendo la mano sulla gamba di Tom con un gesto rassicurante disse— vedrai , la riporteremo a casa.


 


 

Capitolo..


 

--Riponevo grandi speranze nel Senatore e invece è un burocrate del cazzo! -- Disse a voce alta nel tentativo di coprire le menzogne che gli si stavano accumulando in fondo all'anima, sperando che Rufferson non avesse parlato con Mike dei loro passati rapporti.

Tom guardando dentro il bicchiere vuoto che teneva in mano dopo l'incontro di Mike con ll senatore Rufferson si era diretto ad un bar alla moda vicino al campidoglio. L'atmosfera ovattata, fredda e minimalista del Dolby Bar ne aumentava il malumore ed entrato nel locale con Mike con il preciso scopo di ubriacarsi , al secondo bicchiere di scotch già aveva attirato gli sguardi di disapprovazione dagli altri clienti del bar, professionisti che lavoravano nella zona e a quell'ora affollavano il locale per un veloce brunch. Mike, sentendosi osservato era imbarazzato per il contegno di Tom, ma non voleva infierire sull'amico impantanato in una situazione che avrebbe messo a dura prova i nervi di chiunque.

Tom invece non dimostrava il minimo interesse per ciò che lo circondava continuando a parlare ad alta voce :

--cosa ha detto di interessante eh Mike? , ripetilo con parole tue. Per me il senatore ha detto soltanto delle grosse stronzate!, Cosa vuol dire attendiamo notizie raccolte in loco eh?

--Vuol dire che attendono notizie dagli investigatori inviati dall'ambasciata in kenia --rispose paziente l'avvocato.

--ah si?! E sai cosa mi ha detto l'Ambasciatore in kenia? mi ha detto che attendeva direttive da Washington! Sai cosa significa Mike? Che non stanno facendo niente! Niente!niente!-- disse Tom quasi gridando. --mi porti un altro scotch –urlò rivolgendosi al barman dietro il bancone.

Mike continuò pazientemente:

--ti ho spiegato cosa ha detto no? Via Tom sii ragionevole per un attimo! Ha detto che ne avrebbe parlato direttamente con il Presidente Obama. Cosa vuoi Tom più di così? Più in alto di così non si può andare!---è un momento particolare per il nostro paese, con il Presidente che deve rimettere in piedi una società oltre che un'economia che sta andando a puttane! Il Senatore ci ha persino sconsigliato di lanciare un appello! hai capito perché vero?

Tom si stava facendo un'idea precisa sul ruolo di Rufferson, ma ascoltò scuotendo la testa -- no dimmelo tu dai—

. Perche i network sono talmente presi da questa crisi interna che non darebbero nessun rilievo al tuo appello ecco perchè----ma vedrai che il Presidente presterà comunque attenzione al caso di Liz--- e poi scusa disse Mike abbassando la voce-- non ha detto che è previsto tra poco un viaggio ufficiale del presidente in kenia come omaggio al suo paese di origine?, io ritengo sia una fortuna, cioè voglio dire relativamente alla maledetta sfortuna del caso.

Tom scolò il suo terzo bicchiere che aveva già pagato e disse-- va bene Mike, ti voglio dare fiducia. Aspettiamo ancora un paio di giorni, ma poi farò di testa mia !

Mike accompagnò l'amico fuori dal bar. Tom indeciso su quale direzione prendere si guardò intorno pensando che la giornata non potesse finire in quel modo inconcludente, così decise di passare in ufficio come aveva stabilito. Almeno ciò che dipendeva esclusivamente da lui voleva farlo.


 


 

L'atrio del palazzo che ospitava gli uffici delle assicurazioni Mercury era di una grandezza imbarazzante. Rivestito di marmi pregiati e lucidi infondeva rispetto e sicurezza a chiunque vi mettesse piede; l'ambiente ideale per la sede di avvocati e assicurazioni: con Il banco della portineria entrando a destra, e uomini in divisa che facevano il servizio di guardia con discrezione e fermezza. Nessun cliente poteva entrare se non dimostrava di essere atteso o conosciuto e solo chi lavorava lì poteva permettersi di ignorarli. Tom, che non era dell'umore giusto per i saluti di rito, tirò dritto verso gli ascensori passando accanto alla targa con i nomi delle società presenti nel palazzo, talmente lunga da fare concorrenza alla lapide commemorativa di un cimitero e, dirigendosi al suo ascensore preferito, il numero quattro, salì al nono piano dove aveva sede la compagnia di cui era agente liquidatore. Avendo già parlato al telefono con colleghi e impiegati gli furono risparmiate le solite stupide domande, e bastò salutare con un mesto sorriso misurato le due segretarie al bancone. Fortunatamente non incontrò nessun'altro nei corridoi, chiuse la porta alle sue spalle e con passo stanco andò verso la scrivania .Si gettò con tutto il peso del corpo sulla poltrona molleggiata e chiuse gli occhi; voleva rilassarsi un attimo prima di affrontare le pratiche in attesa e rielaborare il rapimento di Liz inserendovi la nuova tessera del Senatore Rufferson che insieme alla Somalia, luogo dove il senatore nascondeva molti interessi, continuavano a ronzargli in testa, ma un leggero bussare annunciò chi stava dietro la porta. Silenziosa come un fantasma, la donna si diresse verso Tom che teneva ancora gli occhi chiusi. La bocca come attratta da una calamita si saldò a quella di lui che ricambiò con identica passione e, spostando indietro la poltrona come aveva fatto decine di altre volte, accolse sulle ginocchia il corpo caldo e morbido che non conosceva da molto tempo, ma grazie agli assidui incontri aveva nella memoria ogni centimetro della pelle che lo ricopriva. Quando furono sazi del bacio di bentornato, la collega salutò Tom con un tono di voce degno di una camera da letto,-- ciao, come stai?- -disse Penelope accarezzandogli il collo mentre teneva gli occhi nocciola fissi su di lui.

Tom non rispose alla domanda , ma tuffandole la testa tra i seni nel tentativo di dimenticare, le fece capire che aveva molto bisogno di affetto.

Anche prima della partenza per il Kenia, i loro comportamenti si erano fatti via via più avventati e il rischio di essere colti in flagrante era aumentato notevolmente rispetto a sei mesi prima, cioè da quando Penelope era stata destinata al suo ufficio. Appena conosciuti, stabilirono con un'occhiata cosa volevano uno dall'altro e da allora lo prendevano ogni volta che si trovavano soli; dovunque fossero. Soprattutto per Tom, la relazione limitata inizialmente alla pura attrazione sessuale, con il passare del tempo si era trasformata in una relazione molto più coinvolgente. Pensava a Penelope anche quando era a casa con Liz e la voglia di lei sotto forma di una fastidiosa inquietudine, l'aveva seguito anche in vacanza in Kenia. A questo stato di cose Tom cercava di opporsi con tutte le forze, ritenendosi, fin dall'inizio della relazione, in grado di manovrare i due rapporti come se fossero stati treni che viaggiando su binari paralleli non avrebbero mai potuto interferire l'uno con l'altro, ma il corpo di Penelope aveva preso il sopravvento, e la passione che sprigionava quando stavano insieme cominciava ad affievolire il suo legame con Liz.

Penelope Sanchez si era trasferita a Washington da Las Vegas dove era nata da genitori messicani.

Il temperamento aperto e solare alimentato dal clima di eterna vacanza che in California si respirava durava tutto l'anno, aveva subito un duro colpo arrivando nella capitale seria e compassata, ma, sostenuta da una ferrea determinazione nei confronti della scalata carrieristica che la vedeva per il momento solo alla base della piramide,sognata da quando le avevano proposto un ottimo, quanto insperato nuovo incarico a Washington .

Penelope non passava inosservata, né risultava simpatica alle donne che alla prima occhiata vedevano incarnata in lei una pericolosa rivale. Sensuale anche nei semplici gesti, come quando si spostava dal viso i capelli neri e indomiti, sempre sciolti e lunghi fin sulle spalle, attraeva per i tratti regolari della pelle ambrata e per il naso leggermente camuso, che nel contesto la rendeva ancor più interessante. Penelope si rimirava il collo e i seni riflessi sui vetri alle spalle di Tom e mentre lui le baciava il ventre era consapevole delle armi che la natura le aveva messo a disposizione e delle quali si serviva abitualmente. Quando arrivò nel nuovo ufficio e le fu presentato il dirigente, decise che lui era l'uomo giusto con cui divertirsi un po' e allo stesso tempo, visto che ricopriva un ruolo di rilievo, farsi aiutare a salire i faticosi gradini della piramide sociale; niente di più.


 

L i z

Le origini bantu di Pony erano racchiuse nelle preghiere di protezione rivolte agli spiriti che recitava, mentre con le mani si cospargeva il corpo e i capelli con l'argilla bianca del fiume, che grazie alla particolare composizione l'avrebbe aiutato a rendersi invisibile agli uomini nel campo di Mbawi, abituati come lui a tendere l'orecchio e ad aguzzare la vista alla ricerca di rumori prodotti dalla specie umana che minacciava di continuo il campo e le loro vite. Ma Pony possedeva un vero e proprio sesto senso ereditato dagli antenati deportati in africa orientale nel corso dei secoli, da dove i bantu, provenienti da villaggi del centro africa, a causa di razzie o battuti in guerra, erano divenuti schiavi e servitori, manodopera a buon mercato per il trasporto di avorio o impiegati come lavoratori nelle piantagioni. Un popolo di individui invisibili, che nonostante la diaspora erano riusciti a conservare e tramandare in segreto ai loro discendenti, il culto degli antichi riti iniziatori e le celebrazioni degli eventi divinatori, pratiche magiche che unite alla spiccata vicinanza con il mondo animale, gli permettevano di vedere nella terra una guida al servizio dell' istinto primordiale che anche Pony possedeva e, in compagnia del quale si accinse a controllare il campo di Mbawi.

Pony, con il corpo nudo e tozzo raccolto come un feto, stava prendendo mentalmente nota dei passi che separavano lo stradone principale alle sue spalle e la recinzione di filo spinato che aveva di fronte. Seguendo la linea fino al lato sud che probabilmente serviva a proteggere il posto anche dagli animali che andavano ad abbeverasi alle pozze vicine che aveva visto in lontananza, strisciando sul ventre sotto il filo spinato, entrò nel campo ritrovandosi dietro una baracca protetta dalla folta vegetazione ma che non era sorvegliata all'esterno. Avvicinandosi notò una debole luce provenire dall'interno, quindi si alzò in piedi sbirciando dalla finestrina da dove vide la prigioniera bionda, bella come nel video e un uomo armato di guardia. La sorpresa di ritrovarsi di fronte un essere così differente nell'aspetto, lo aveva colto alla sprovvista ritardandone la ritirata: così la donna lo aveva visto; sembrava talmente spaventata che sicuramente non ne avrebbe fatto parola con nessuno pensò Pony continuando la sua perlustrazione intorno al campo e nascondendosi dalla luce di un ultimo debole quarto di luna. Ora si era spostato silenziosamente verso nord passando dal lato est dove si nascose dietro a due container verniciati di verde: uno dei due era aperto e all'interno scorse il posteriore di una jeep polverosa, fuori, tutta una serie di barili con scorte di gasolio; ne percepiva l'odore. Pony si appiattì sul terreno. Stava arrivando un uomo. Doveva essere di guardia intorno al perimetro, ma indossava una maglietta rossa che lo rese visibile a decine di metri. Quando fu passato senza accorgersi della sua presenza, il piccolo uomo sempre rimanendo coperto dai cespugli, raggiunse velocemente una zona che doveva essere un campo di tiro, ingombro di bersagli, sagome e ripari di ogni foggia da dove poté scorgere sulla sinistra, un prefabbricato più grande adibito a dormitorio e cucina, per fortuna deserti. Rimasto per qualche momento in ascolto di rumori che facevano parte della natura, si concentrò per interpretare il silenzio degli uomini, preparandosi a completare il giro fino a tornare di nuovo a sud. Fu allora che all'interno dell'unica costruzione in mattoni, Pony vide due uomini che stavano dormendo e sicuro non ci fosse più nessuno, decise di tagliare il percorso passando da una zona scoperta dove invece qualcuno ancora sveglio stava nervosamente camminando avanti e indietro mentre fumava. La brace incandescente della sigaretta lo avvertì della presenza e quando la sigaretta gli fu vicino alla bocca, il viso di Mbawi fu distinguibile. Si era fermato e come un animale fiutava l'aria cercando un presenza estranea ; forse l'aveva sentito.

Il terrore nel corpo di Pony di fronte alla ferocia e all'odio per i bantu che Mbawi incarnava aumentò quando gli occhi puntarono verso di lui, ricoprendogli il corpo di un velo di sudore dall'odore acre; proprio ciò che Mbawi cercava annusando l'aria: l'odore della paura. Come paralizzato stava immobile tra i cespugli di lavanda respirando con una tale leggerezza da lasciare immoto il suo torace che sembrava di pietra, un calco d'argilla che imprigionava sotto di sé l'odore dell' uomo in pericolo, e sebbene stringesse in mano una cerbottana con una freccia avvelenata capace di uccidere dieci uomini, aveva il corpo che si rifiutava di obbedirgli. Mbawi si tranquillizzò distogliendo gli occhi gonfi e riprese a passeggiare voltandogli le spalle, lasciando così che il bantu si allontanasse. Pony pensò di non correre ulteriori rischi e decise che la missione fosse conclusa mentre invisibile come era arrivato tornava sui suoi passi con l'adrenalina ancora in circolo che gli impediva di muoversi più rapidamente . Avrebbe voluto essere già al sicuro sul barcone ,seduto di fronte a kalama a riferire le informazioni importantissime per la sera seguente, quanto sarebbero tornati al campo per portare via la donna. Ancora una volta il pensiero di tornare vicino Mbawi lo fece star male, ma l'avrebbe fatto per kalama; lui era l'unico amico al mondo. Da quando l'aveva tratto in salvo, anni prima, dalle sabbie mobili dove era caduto con le sue capre, era rimasto a combattere al suo fianco anche se quella della Somala non era la sua causa, conquistando la fiducia di Kalama con il suo animo semplice e fedele e costruendo giorno dopo giorno un rapporto di pari dignità, a differenza di altri che lo ritenevano poco più di una scimmia. In cambio di questa amicizia avrebbe potuto uccidere Mbawi o chiunque altro avesse minacciato la vita di Kalama, anche a mani nude. L'amore fraterno gli fece aumentare il passo e nel giorno che stava nascendo gli animali si muovevano nella loro quotidiana ricerca di cibo, come il cerbiatto che stava timidamente nascosto. Pony reduce dall'incontro con Mbawi si sentiva ancora una preda e provò per l'animale un vago senso di solidarietà che lo fece sorrise incontrando i suoi fugaci occhi solo per un istante.

- sono proprio uno stupido-. Pensò correndo via.


 


 

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